News > Che cos’è il dolore? E perché è indispensabile ma va controllato?
Il dolore è una normale esperienza umana e, dal punto di vista della salute ha una funzione fondamentale perché ci informa sulla necessità di fare qualcosa per il nostro corpo. Ma come funziona? E soprattutto: può provocare di per sé danni? Ne abbiamo parlato con il prof. Piero Barbanti Primario Neurologo Direttore dell’Unità per le Cefalee ed il Dolore dell’ IRCCS San Raffaele Pisana di Roma
Che cosa rappresenta il dolore?
Il dolore è una normale esperienza umana.
E’ un segnale che ci informa sulla necessità di fare qualcosa (pensiamo solamente al cambiare posizione mentre guidiamo per un lungo viaggio ecc). In questo senso, anche se sembra strano il dolore è protettivo. Serve a proteggerci, ad esempio, dall’ambiente.
E’ così importante per l’uomo che la natura lo ha dotato di vie nervose specifiche per il dolore. In altri termini, la “strada” imboccata dalla sensazione del caldo e del freddo applicati alla nostra mano per arrivare al midollo e da qui al cervello è diversa dalla strada imboccata dalla sensazione di dolore (ad esempio la puntura di un ago) applicata alla stessa mano per fare quel tragitto. Il dolore ha quindi una sua corsia preferenziale, fatta di fibre particolari.
E’ vero che l’uomo ha anche un sistema per controllare il dolore?
E’ verissimo e si chiama sistema antinocicettivo. Immaginiamo il nostro corpo come un grattacielo con 2 ascensori affiancati: quello che sale è l’ascensore che porta il dolore all’ultimo piano (cioè al cervello). Ad ogni piano, cioè ad ogni livello del nostro corpo, possono entrare individui indisciplinati, cioè informazioni dolorose, che vengono portate al cervello. Ma il cervello così impazzirebbe. Quindi la natura ci ha dotati anche di un ascensore che scende e che partendo dall’attico (cioè dal cervello) si ferma in ogni piano per regolare e a volte contrastare e bloccare l’ingresso del dolore nell’ascensore adiacente, cioè quello che sale. E’ come se ci fosse quindi una specie di contropropaganda a ogni livello del nostro corpo. Con il risultato netto che in condizioni normali non ci sono nè vincitori né vinti. Né dolore né analgesia, solo normalità!
Perché quando ci facciamo male, anche banalmente, tendiamo a strofinare o premere con forza la parte che fa male?
Perché facendo così, nell’ascensore che va all’ultimo piano facciamo entrare persone disciplinate (informazioni tattili) al posto di quelle indisciplinate (cioè le informazioni dolorose): facendo così, l’ascensore che sale si riempie di persone prevalentemente disciplinate a discapito di quelle indisciplinate. Quindi strofinandoci proponiamo al nostro corpo uno scambio: cose buone (tatto) al posto di cose cattive (dolore). E’ ovvio che ciò funziona con dolori di intensità non elevata.
Perché il dolore può diventare una malattia?
1. Anzitutto va detto che il più delle volte è la malattia che diventa dolore, cioè dà il dolore. Pensiamo a cose banali come il mal di gola, il mal di denti (causati da germi), al dolore provocato da un foruncolo, alla sciatica. In questi casi c’è una causa chiara (un batterio, una infiammazione, un’ernia, ecc) che stimolano i recettori per il dolore delle mucose o della pelle o stimolano direttamente le vie nervose del dolore. In questi casi il dolore va “seguito” e “capito. C’è un perché. E’ quindi una traccia che ci porta a scoprire la causa e a rimuoverla.
2. Il dolore può essere invece una vera e propria malattia quando questo campanello di allarme suoni senza un vero motivo. Un esempio per tutti è il mal di testa: non c’è infezione né trauma ecc ma il soggetto ha male. Oppure ai dolori cronici in corso di depressione. Il paziente riferisce mille sintomi ma non ha altro che la depressione. In sostanza in questi casi per quanto il paziente venga rigirato non si trova la causa con nessuno strumento di diagnosi.
Il dolore può provocare di per sé dei danni?
Genericamente possiamo dire di sì, facendo alcune distinzioni:
1. il dolore se protratto è uno stress: attiva tutte le risposte di difesa del nostro corpo. Spreme cioè le nostre energie e questo inevitabilmente è logorante.
2. il dolore se protratto danneggia di per sé la nostra psiche: autosvalutazione, sfiducia nei propri mezzi, ritiro sociale, rinunciatarità.
3. I farmaci per il dolore presi impropriamente possono dare danni: pensiamo solo agli antinfiammatori
Esiste la possibilità per l’uomo di trascurare il proprio dolore?
Sì ed è un fatto di estremo interesse. Quando il dolore, riprendendo l’esempio dell’ascensore, giunge all’ultimo piano, cioè alla sua stazione di arrivo, arriva in realtà in una zona specifica del cervello che, come se fosse un notaio, notifica appunto l’arrivo di una cosa sgradevole. Ma a questo punto tale notifica viene girata per conoscenza ad una altra parte del cervello (insula e lobo limbico) che ci deve dire quanto ci importi di questa Notizie sgradevole. Ne dà quindi il contenuto affettivo e quindi i dolore può diventare drammatico o trascurabile, “vantaggioso” ecc. Facciamo un esempio: una donna che va in palestra a fare fitness durante la lezione ha innumerevoli segnali dolorosi che arrivano al cervello. Ma non si ferma. Anzi prosegue la lezione e si presenterà con assiduità in palestra. Perché? Oppure una donna che sta partorendo non interrompe le spinte. Perché? Perchè il cervello è in grado di trascurare alcune informazioni dolorose se queste avvengono per una causa importante, giusta, buona. Dice in sostanza: OK c’è dolore ma lascia tutto così perché serve. Questo spiega in parte come la volontà, la concentrazione possano aiutarci a fare fronte al dolore fisico.