News > “Come l’arte modifica il nostro cervello”: il San Raffaele al Festival della Divulgazione
Sapevate che l’arte, e quindi l’estetica intesa nel suo senso più filosofico e profondo, è – anche – questione di neuroni?
Lo hanno spiegato al Festival della Divulgazione di Potenza due ricercatori dell’IRCCS San Raffaele Pisana di Roma, gli Ingegneri Biomedici PhD Fabrizio Vecchio e Francesca Miraglia.
Una tre giorni, svoltasi nel capoluogo lucano, che ha toccato ed esplorato i temi più disparati. In qualità di neuroscienziati, Vecchio e Miraglia hanno approfondito proprio l’argomento della relazione tra arte e attività cerebrale, svelando i segreti e il ruolo del cervello umano durante la percezione visiva di un’opera d’arte nel corso del workshop “La percezione della realtà tra arte e neuroscienza”, un “dialogo tra un artista iperrealista e le neuroscienze”.
Insieme a Emanuele Dascanio, artista e pittore iperrealista, è stato esplorato da più punti di vista il modo in cui l’arte cambia e modifica il nostro cervello. Un intervento, quello dei ricercatori del San Raffaele, che ha avuto il merito di centrare in pieno il tema chiave del festival, quello cioè di una “divulgazione – scientifica, ma non solo – capace di farsi racconto arrivando al grande pubblico con la forza della creatività”.
Il Festival è stato inoltre l’occasione per presentare il risultato di un interessante esperimento svoltosi presso il Research Center di Via di Val Cannuta. «Durante i nostri studi abbiamo mostrato ad un soggetto immagini di visi stilizzati e quadri iperrealistici di volti – hanno spiegato i neuroscienziati del San Raffaele – effettuando al contempo una registrazione EEG (elettroencefalografia, registrazione dell’attività elettrica dell’encefalo, ndr). Il tutto nasce dal fatto che a circa 170 millisecondi il nostro cervello ha già capito che sta guardando un volto, cioè compare un potenziale evocato (PE o ERP in inglese) caratteristico di quando si vedono dei volti e che non compare quando si vedono altri tipi di immagini. Quello che per ora stavamo cercando di sperimentare è che nel riconoscimento del viso stilizzato si impiega leggermente meno ma con l’implicazione delle stesse aree cerebrali. Differente il comportamento cerebrale a latenze maggiori in cui si va esplorando maggiori dettagli a disposizione nell’immagine».