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Cure palliative e assistenza psicologica

5 Marzo 2007

Le cure palliative (termine derivato da pallium, in latino mantello, che copre, protegge, accoglie) sono rivolte ai malati inguaribili. Malati inguaribili, ma non per questo incurabili.
Ma in cosa consistono? E dove si adoperano?
Non tutti conoscono la realtà degli hospice, altrimenti dette Unità Operative di Cure Palliative (U.O.C.P.): sono strutture adibite alla cura di malati inguaribili, e che hanno come obiettivo il mantenimento di una buona qualità di vita per una persona che sta affrontando un percorso di sofferenza che lo porterà al termine della propria esistenza.
Abbiamo chiesto al prof. Vito Ascoli Marchetti – Coordinatore Hospice San Raffaele Velletri e San Raffaele Rocca di Papa di spiegarci le modalità attraverso le quali le cure palliative, riescono a lenire il dolore (non solo fisico) dei pazienti, che nella quasi totalità dei casi si trovano ad affrontare situazioni drammatiche.
“Per capire cosa si intende con “lenire il dolore” bisogna evidenziare il fatto che le cure palliative sono rivolte non solo al paziente, ma a tutto il nucleo familiare. Non solo alleviare sofferenze fisiche, ma anche e soprattutto psicologiche. Per questo l’importanza dell’aspetto umano, dal momento che si intraprende questo genere di terapie, diviene fondamentale.
La caratteristica principale del “modus operandi” palliativo è il lavoro di gruppo. L’equipe formata da diverse figure professionali (infermiere professionali, fisioterapista, assistente sociale, psicologo, assistente spirituale, medico palliativista) permette di potenziare le competenze professionali dei singoli operatori, e rafforza l’alto grado di umanità (peculiare nelle persone che intraprendono questa professione) e la capacità di relazionarsi con le persone sofferenti e con il loro nucleo familiare coinvolto in situazioni emotivamente difficili da affrontare.
Il primo obiettivo da perseguire è quello di sapere ascoltare. Diviene indispensabile privilegiare questo aspetto fondamentale della relazione. Vanno evitati discorsi pessimistici o troppo persuasivi o non facilmente comprensibili, tenendo sempre presente l’aspetto socioculturale degli interlocutori.
Gli altri obiettivi prioritari, ovviamente, consistono in:
– Terapia del dolore
– Informazione e comunicazione
– Mantenimento speranza stabilizzazione e/o guarigione
– Idratazione e nutrizione
– Trasfusioni emoderivati
– Cura dell’ansia, depressione, psicopatie
– Sedazione terminale
– Assistenza al lutto e ai dolenti.”
Un lavoro complesso, soprattutto per il continuo bilanciare di pesi e misure a livello psicologico, quello che si concretizza negli Hospice San Raffaele Rocca di Papa e Velletri.
Professore, che tipo di assistenza è offerta in queste strutture?
Le cure palliative sono erogate in regime residenziale (complessivamente 30 posti tra i due Hospices) e in assistenza domiciliare (complessivamente 90 posti tra i due Hospices). Il criterio di scelta tra queste due modalità non è certamente legato alla gravità della malattia, ma alla validità del supporto familiare. Infatti quando quest’ultimo è insufficiente, è indispensabile l’assistenza in regime residenziale, luogo deputato all’accoglienza su modello alberghiero e non ospedaliero (stanze  singole con bagno, letto aggiunto per un familiare, televisione, possibilità di personalizzare l’arredamento, libertà oraria per le visite dei parenti 24h/24).
L’assistenza domiciliare consiste in un accesso giornaliero di un infermiere professionale che ha il compito di rilevare i parametri vitali, somministrare terapie mediche e monitorare il controllo del dolore, verificando eventuali peggioramenti o progressioni di malattia o comparsa di nuove problematiche (ansia, depressione, fatigue, dispnea, stipsi, difficoltà alla deglutizione, problemi nutrizionali), mantenendo un costante contatto telefonico con il medico palliativista responsabile della persona malata, il quale effettua una visita domiciliare almeno una volta ogni cinque giorni. Vengono forniti i farmaci per la terapia del dolore, i supporti nutrizionali e in genere tutti i presidi sanitari indispensabili per la gestione della terapia.
In che momento si decide di intervenire con le cure palliative?
Da diversi anni è diventato sempre più diffuso, in oncologia, il concetto di “simultaneous care” (continuità assistenziale) che prevede:
– Un approccio globale al paziente oncologico (p.o.);
– Il precoce coinvolgimento del medico palliativista nella gestione del p.o.;
– La possibilità di migliore programmazione del percorso terapeutico della persona malata;
– La presa in carico progressiva del p.o., per evitare quanto più possibile una sensazione di abbandono e/o rinuncia alle cure causali.
In pratica i medici oncologi e i medici palliativisti iniziano a collaborare in una fase più precoce della malattia senza aspettare l’interruzione netta delle cure attive, al fine di garantire un passaggio graduale da queste ultime alle cure palliative con minor trauma psicoemotivo per il paziente.
Quali sono le tipologie di pazienti inguaribili che possono sottoporsi alle Cure Palliative? Quali sono i vantaggi per un malato inguaribile?
Fino a pochi anni fa le cure palliative si rivolgevano esclusivamente ai malati oncologici non più suscettibili di cure causali e quindi etichettati come inguaribili.
L’orientamento attuale, visti i risultati finora raggiunti di notevole miglioramento della qualità della vita è quello di rivolgere l’attenzione delle cure palliative a varie patologie: scompenso cardiaco, insufficienza respiratoria, patologie del sistema nervoso e metaboliche.
Il vantaggio per un malato inguaribile è quello di essere curato nel rispetto della sua dignità di persona garantendogli una qualità di vita in sintonia con la progressione della malattia e l’accettazione della fine di vita.

                                                                                          S.Pi.