News > Depressione: “solide basi neurobiologiche sul disturbo dell’umore” il parere del Prof. Barbanti dell’IRCCS San Raffaele
“Confermate le solide basi neurobiologiche della depressione” commenta così tra le colonne del ‘Corriere della Sera’, i dati di uno studio pubblicato su Nature dai ricercatori della Weill Cornell University di New York il Prof. Piero Barbanti, Direttore dell’Unità per la Cura e la Ricerca sulle Cefalee e il Dolore dell’IRCCS San Raffaele e Professore di neurologia presso l’Università Telematica San Raffaele Roma. “Come suggeriscono i colleghi americani la predisposizione è di carattere neuro-funzionale più che staticamente morfologico” ha proseguito l’esperto.
Poter entrare nel cervello di una persona e mappare esattamente ogni pensiero, emozione o decisione che prende. Fantascienza? Non più, grazie a un’avanzata tecnologia chiamata fc–MRI (Functional Connectivity Magnetic Resonance Imaging), che ha rivelato sorprendenti scoperte sul disturbo dell’umore che ha tormentato milioni di persone: la depressione. È questa la metodica utilizzata per indagare le radici profonde della depressione, gettando nuova luce su un tema che risale ai tempi di Freud e del suo trattato Grief & Melancholia. Non si tratta, quindi, solo di come è fatto il cervello, ma di come funziona: “è interessante notare” continua Barbanti “come l’alterata connettività riguardi il network fronto-striatale che collega la corteccia frontale deputata all’iniziativa e ai compiti decisionali con una area che è implicata nella programmazione del movimento e nelle funzioni esecutive, nelle emozioni, nell’abuso e nella ricompensa (lo striato). Ciò può rappresentare la base organica dei sintomi di ridotta iniziativa, difficoltà nelle scelte, ridotta attività motoria, rinuncia e apatia che caratterizzano il disturbo depressivo” conclude l’esperto. È un’affermazione che apre nuove prospettive: la depressione, quella sensazione di vuoto e paralisi emotiva, non è solo il frutto di circostanze di vita difficili, ma ha anche radici fisiche, incise nelle connessioni del nostro cervello.
E, cosa ancor più sorprendente, queste alterazioni possono precedere l’insorgenza dei sintomi stessi, suggerendo che “depressi si nasce” più di quanto si pensasse, anche se la vita può poi essere la scintilla che accende il fuoco. Se Freud, tra le sale del General Hospital di Vienna alla fine dell’Ottocento, poteva solo ipotizzare le cause profonde della depressione, oggi la scienza ha iniziato a riscriverne la storia, portando alla luce un universo di connessioni cerebrali uniche per ciascuno di noi, ma allo stesso tempo sorprendentemente simili tra individui.