News > Giornata Mondiale del Sonno, Barbanti, IRCCS San Raffaele: “La tecnologia tra i principali nemici”
“Bisogna considerare la distanza tra il momento in cui fisiologicamente il corpo ci chiede di dormire e quello in cui decidiamo di andare a letto”. A sottolinearlo è il Prof. Piero Barbanti, Responsabile del Centro per la Diagnosi e Terapia delle Cefalee e del Dolore dell’IRCCS San Raffaele e docente dell’Università San Raffaele, in occasione della Giornata Mondiale del Sonno. Prosegue Barbanti “il riposo notturno è un bisogno fisiologico essenziale, ma milioni di italiani dormono troppo poco e male”. L’Associazione Italiana di Medicina del Sonno, ha stimato che ben 13,4 milioni di persone nel nostro Paese soffrono di disturbi legati al riposo, con una prevalenza significativa nelle donne: il 60% di loro sperimenta insonnia transitoria o cronica.
Il dato più allarmante riguarda la durata del sonno: il 42% della popolazione dorme meno di sei ore per notte, ben al di sotto delle sette-otto ore raccomandate per un riposo adeguato. Il trend, inoltre, è in costante peggioramento. Negli ultimi decenni, il numero di ore dormite si è ridotto: trent’anni fa gli adolescenti dormivano in media nove ore e mezza per notte, mentre oggi il loro riposo si ferma a sette ore e tre quarti. Anche gli adulti hanno subito un calo significativo, passando da sette ore e mezza a sei ore e mezza solo nell’ultimo decennio. Questo fenomeno ha portato alla diffusione del cosiddetto “social jet lag“, uno sfasamento tra il bisogno fisiologico di dormire e il momento in cui si va effettivamente a letto.
“Numerosi fattori aggravano il problema della qualità del sonno. Tra questi, il consumo serale di caffè e alcolici, l’uso eccessivo di dispositivi elettronici prima di dormire e l’attività fisica svolta nelle ore serali. Studi recenti dimostrano che se l’esercizio fisico viene praticato dopo le 17, il cervello e il corpo restano in uno stato di attivazione, con il conseguente ritardo nell’addormentamento. Ma uno dei principali nemici del sonno resta la tecnologia: la luce blu emessa dagli schermi interferisce con la produzione di melatonina, ostacolando il naturale ciclo sonno-veglia. Sia chattare che guardare il cellulare prima di addormentarsi sono variabili che favoriscono l’insonnia”, sottolinea Barbanti.
Le conseguenze della privazione del sonno possono essere gravi. L’insonnia prolungata è associata a un maggiore rischio di sviluppare patologie cardiovascolari, obesità, diabete, ictus e infarto. A livello psichiatrico il sonno insufficiente rappresenta un fattore di rischio per ansia e depressione e può costituire un segnale precoce di disturbi più seri. “L’insonnia può essere sia sintomo che precursore o fattore scatenante di disturbi psichiatrici”, conferma il neurologo. Se trascurato, il deficit di sonno si traduce in irritabilità, difficoltà di concentrazione, sonnolenza diurna e deficit dell’apprendimento.
Per questo motivo, l’esperto sottolinea l’importanza di adottare abitudini corrette e ripensare il proprio stile di vita, dando al sonno la priorità che merita. “Dormire bene non è un lusso, ma una necessità”, conclude Barbanti.