News > Il cervello, la nuova frontiera della longevità: i consigli del Prof. Ennio Tasciotti dell’IRCCS San Raffaele
«Un programma a due anime per sfidare l’invecchiamento e concentrarsi sul cervello». Così il Prof. Ennio Tasciotti, direttore del laboratorio di Human Longevity Program presso l’IRCCS San Raffaele di Roma, in un’intervista rilasciata alla rivista Vanity Fair descrive il percorso che ha intrapreso al suo ritorno in Italia dopo 15 anni di lavoro negli Stati Uniti, dove ha diretto centri di ricerca pionieristici. Considerato uno dei maggiori esperti di medicina biomimetica, il Professore si concentra ora nel laboratorio che dirige presso l’Istituto romano su un tema cruciale: la longevità cerebrale.
Come funziona il programma di longevità dell’IRCCS San Raffaele?
«Il programma ha due anime principali. La prima è quella della ricerca di base: ovvero gli studi scientifici in laboratorio per sviluppare nuovi trattamenti, ed è una ricerca che parte proprio dallo studio delle cellule e, nel mio caso specifico, dallo sviluppo di nanoparticelle che sono in grado di raggiungere il cervello. All’interno del laboratorio ci sono scienziati che sviluppano particelle e le provano sulle cellule», spiega Tasciotti. ««La seconda anima del programma è clinica e si concentra sulla riabilitazione cognitiva, motoria e funzionale dei pazienti anziani, un ambito centrale per l’IRCCS San Raffaele di Roma. Questi pazienti, spesso affetti da multi-comorbidità e malattie croniche legate all’età, vengono seguiti con un approccio integrato. Si valutano e stimolano le capacità cognitive, si interviene sulla riabilitazione motoria e cardiovascolare, e si trattano le problematiche polmonari, poiché cuore e polmoni sono tra gli organi più vulnerabili durante l’invecchiamento».
Questo progetto è unico in Italia?
«È il primo del suo genere in un IRCCS e si affianca ad altre iniziative nel campo della longevità. Tornato in Italia, ho voluto unire la mia esperienza scientifica a una visione imprenditoriale, collaborando con startup e grandi realtà economiche. Stiamo lavorando per riunire, entro il 2025, tutti gli esperti italiani che si occupano di longevità, coinvolgendo diversi settori: medico, sociale, economico e tecnologico».
Perché concentrarsi proprio sul cervello?
«Perché la longevità non ha senso se perdiamo la memoria di chi siamo», sottolinea il professore. «Possiamo fare tanto per il cuore o i reni, ma se la mente ci abbandona, la qualità della vita viene meno. Il mio interesse, il mio contributo al programma sulla longevità umana come sfida globale è quindi mirato a quest’organo e, in particolare, a trovare un modo per trattare alcune patologie cerebrali. Perché nel mondo della medicina l’ultimo distretto anatomico, l’ultimo organo rimasto che non siamo ancora in grado di trattare è proprio il cervello. All’interno del laboratorio siamo in possesso dati incredibili, di prossima pubblicazione, su alcune particelle che riescono a oltrepassare la barriera ematoencefalica, ossia la struttura che esiste tra i vasi sanguigni e il cervello; si tratta di una barriera impenetrabile anche ai farmaci, motivo per cui non possiamo trattare le malattie del cervello».
Esiste anche un programma di prevenzione?
«Sì, ed è fondamentale. Gli IRCCS hanno il compito di promuovere la diagnosi precoce attraverso screening. Ma c’è anche un’altra parte di prevenzione: la divulgazione. Lavoro per informare chi sta ancora bene, spiegando gli effetti di uno stile di vita sano sull’invecchiamento. Spesso bastano conoscenze semplici per evitare errori che pesano nel tempo. L’invecchiamento è un tema che riguarda tutti, e oggi più che mai c’è interesse a saperne di più».