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Il professor Barbanti: “Tra le cause una diversità strutturale di alcuni recettori della dopamina”

14 Gennaio 2008

Pubblichiamo l’intervista rilasciata dal Professor Piero Barbanti, Direttore del Centro per la Diagnosi e la Terapia delle Cefalee e del Dolore dell’IRCCS San Raffaele Pisana, alla trasmissione “Geo&Geo”, andata in onda lo scorso 10 gennaio. Il professore ha trattato il tema del pathological gambling, il gioco d’azzardo patologico.

Professore, il gioco d’azzardo è un vizio o una malattia?

Il cosiddetto pathological gambling è una vera e propria malattia che colpisce dall’1% al 4% della popolazione mondiale. Ha un andamento cronico con riaccensioni periodiche e compare spesso già nell’infanzia e nella adolescenza, nei maschi prima che nelle femmine, con possibile componente genetica (recettori per la Dopamina alterati). Questi soggetti possono avere problemi con la giustizia e hanno un aumentato rischio di suicidi.

E’ vero che spesso il giocatore d’azzardo fa una vita dissoluta e perchè?

Si, è vero. Tre sono le cause:

• Dipendenza da nicotina: 60% dei giocatori

• Dediti all’alcool: 25% dei giocatori

• Uso di droghe: 8.1% dei giocatori sono soggetti in cui i freni inibitori, rappresentati dalla corteccia prefrontale, sono meno attivi. E’ stato dimostrato che preferiscono una piacere immediato rispetto ad un piacere tardivo. In altri termini è come se dicessero “Mi va e basta, ora ne ho voglia, costi quel che costi, poi si vedrà”. Inoltre vivono il piacere con estrema intensità, quasi fossero più “goduriosi”.

Come accorgersi se la passione per il gioco sta diventando una malattia?

Si deve fare attenzione se il soggetto sviluppa:

• Tolleranza (bisogno di giocare cifre sempre maggiori per aver piacere)

• Astinenza (irrequietezza psichica e fisica in mancanza di gioco)

• Incapacità a controllare l’astinenza

Il giocatore cerca la vincita?

Assolutamente no! Cerca solo il rischio. E’ dimostrato scientificamente che il “piacere per la ricompensa” (reward) è elevatissimo nelle condizioni di massimo rischio (cioè quando cioè il paziente non sa veramente se vincerà o perderà) e minimo nelle condizioni estreme (cioè quando sia matematicamente sicuro di non aver possibilità di vittoria o al contrario sappia di avere già vinto). E’ un meccanismo che coinvolge la Dopamina e una serie di circuiti che vanno dalla corteccia cerebrale (area che solitamente fa da freno agli impulsi) a nuclei profondi come lo striato ventrale e l’accumbens.

Quali sono i giochi più a rischio?

Il vero giocatore può giocare d’azzardo su tutto. Solitamente il vero giocatore si organizza più o meno consapevolmente in questa maniera: 1) situazioni a massimo rischio economico (tipo casinò) e massima richiesta di concentrazione con cadenza più rara (magari mensile) e poi, via via, 2) situazioni a rischio economico inferiore, con minore richiesta di concentrazione ma più frequenti: ad es. scommesse ai cavalli 1 o 2 volte a settimana, idem il poker e magari, giornalmente, gratta e vinci o video poker (quasi come passatempo).

Esistono circostanze che facilitano lo scatenamento dell’impulso a giocare?

Sì, ed è scientificamente provato. Sono la solitudine, la noia, e la pubblicità dei giochi d’azzardo. Questo spiega perché (la gente probabilmente non lo sa) non sono rari i casi di anziani che giocano le loro pensioni nelle sale bingo ecc. Inoltre, strano ma vero, alcuni tipi di farmaci (è il caso di alcuni antiparkinsoniani) possono slatentizzare il gioco d’azzardo. Ricordo il caso segnalato da un collega di una religiosa che usciva dal proprio convento tutti i giorni per un irrefrenabile bisogno di giocare il gratta e vinci.

Come si cura?

Le cure esistono ma devono essere integrate, ma non sono semplici. Psicoterapia di tipo cognitivo-comportamentale; gruppi di pazienti (tipo alcoolisti anonimi); farmaci (antidepressivi e neurolettici).