News > Il ruolo della Terapia Occupazionale e dell’Animazione nelle RSA
La terapia occupazionale ha l’obiettivo di mantenere un grado di autonomia del paziente il più possibile elevato nelle attività di vita quotidiana, cercando di ripristinare le funzioni perdute e soprattutto di preservare quelle ancora presenti.
Il San Raffaele, con le sue 17 residenze sanitarie assistite dislocate nel territorio italiano, conosce bene il ruolo della terapia occupazionale applicata al settore geriatrico.
I destinatari sono pazienti con patologie la cui natura si modifica continuamente a causa del processo di invecchiamento. Approfondiamo l’argomento con la dott.ssa Manrica Baldini, insegnante di terapia occupazionale in geriatria presso il Corso di Laurea Triennale di Terapia Occupazionale dell’Università La Sapienza di Roma (Polo Didattico San Raffaele Portuense).
Intervista
Quali sono le caratteristiche dei pazienti ospiti nelle RSA?
Nelle RSA ci sono generalmente pazienti anziani con patologie tali da impedire loro una vita autonoma a casa.
Che tipo di rapporto si instaura tra i terapisti e questi pazienti?
Trattandosi di ricoveri a lungo termine diventa un rapporto che va oltre la relazione terapeutica.
L’RSA rappresenta il posto dove poter portare tutto quel bagaglio di vissuto, che, purtroppo, spesso accade che venga lasciato fuori il cancello al momento del ricovero.
Secondo me, il primo importantissimo obiettivo che si deve porre il Terapista Occupazionale insieme a tutti gli operatori è proprio quello di rendere la vita dell’Ospite il più vicino possibile alla normalità.
E i loro famigliari, quale ruolo rivestono nel loro trattamento terapeutico?
Quando la rete familiare eo sociale di provenienza è buona, senza smagliature, ovviamente tutto è più semplice, perché il familiare è il primo a comprendere l’obiettivo che si sta perseguendo e ci aiuta a rinforzarlo.
Talvolta però capita che questa rete sia assente ed in questi casi la presa in carico dell’Ospite diventa totale.
La terapia occupazionale è il momento dello scambio: il paziente racconta a me le sue esperienze ed io cerco di tradurle nella motivazione al fare. Quello che più temo per i nostri Ospiti non è il soppravvennire degli “acciacchi” legati all’età, ma il sommarsi ad essi di stati di depressione, apatia, ansia, ecc.
Quali sono i benefici della TO (Terapia Occupazionale)?
Principalmente la riduzione, o anche solo il contenimento, dei disturbi comportamentali e fisici che rendono stressante la vita quotidiana (per tutti: ospiti, familiari e caregivers).
Esistono delle criticità nei pazienti che risiedono in una RSA? E come possono essere superate?
I disturbi di cui ho parlato finora, così difficili da quantificare e sfumati nelle loro definizioni, rappresentano proprio la criticità degli ospiti di una RSA e si possono superare con la pazienza si, ma soprattutto con la consapevolezza e l’accoglienza.
Un operatore deve essere consapevole dell’essere umano che ha davanti e del fatto che anche se si sporca quando mangia o se porta un pannolone non si tratta di un bambino, ma di un uomo o una donna con un vissuto alle spalle, un bagaglio che si porta dentro e che esce senza filtri dai suoi gesti e dalle sue parole qualunque essi siano.
Quali sono le attività di TO svolte in una RSA?
Le attività rappresentano gli strumenti di lavoro del terapista e il suo compito è quello di trovare quelle più vicine agli interessi del paziente e renderle a lui fruibili.
Di solito in RSA è necessario semplificare molto.
Un errore banalissimo che compiono quasi sempre i miei studenti all’inizio del tirocinio consiste nel non analizzare l’attività che vanno a proporre: “Quando era giovane ha lavorato tanto a maglia, ma le ho portato i ferri con la lana e non li ha voluti”. Di solito, in un caso del genere, lo studente ha omesso di appurare prima se la paziente è ancora in grado di compiere i gesti necessari per svolgere quel lavoro eo se è interessata a recuperarli.
A volte, il semplice toccare la lana per fare un collage può rievocare un vissuto sensoriale (tattile) importante e portare ad un atteggiamento positivo dell’Ospite nei confronti della sua vita nella struttura e del proprio senso di autostima, senza avergli fatto provare la frustrazione del non essere più in grado di svolgere un compito un tempo tanto facile.
Quali sono le figure professionali che affiancano il TO in una RSA? In che modo?
Il bello dell’RSA in cui lavoro (ndr San Raffaele Trevignano) sta proprio nel fatto che anche se sono sola come terapista occupazionale in realtà il lavoro svolto individualmente viene accolto in sala dall’educatrice e dall’animatrice nei loro gruppi e nelle attività di socializzazione che programmiamo insieme.
Per non parlare poi della continua collaborazione con le fisioterapiste rispetto allo stato fisicomotorio degli ospiti e dei loro ausili (carrozzine, cuscini antidecubito, ecc).
Come si evolve questa materia/quali sono le prospettive per il futuro?
Questa materia in Italia (come nel mondo) è in continua evoluzione, abbiamo un’associazione (AITO) che dal ’77, sta promuovendo sia la diffusione che la crescita scientifica della professione (questo grazie anche alla società scientifica di terapia Occupazionale SITO, attuale provider di eventi, corsi di aggiornamento e congressi).
La mia speranza è che questa crescita possa avvenire a tutti i livelli, nei confronti del mondo medico, ma anche a livello culturale, dovremmo arrivare al paziente consapevole della necessità di ricevere un trattamento di terapia occupazionale.
Un consiglio per i giovani che si vogliono avvicinare a questa professione.
Quella che cerco di dare ai miei studenti, oltre all’amore per la professione che io coltivo e nutro ormai da più di 15 anni, è soprattutto l’attenzione per l’essere umano con tutte le sue sfaccettature: “Questa professione va fatta con conoscenze solide e con il cuore!”