News > Il San Raffaele a Superquark
Gli obiettivi di Superquark zoommano sul San Raffaele.
Martedì 4 settembre a partire dalle ore 21.20 un intero servizio della trasmissione di Rai Uno sarà dedicato ad un innovativo progetto di ricerca promosso dal San Raffaele sulla cura dell’insonnia cronica.
Ai microfoni del conduttore il Prof. Luigi De Gennaro, ricercatore e coordinatore dello studio, e il Prof. Paolo Maria Rossini, Responsabile della Ricerca dell’Area Neuroscienze dell’IRCCS di via della Pisana.
Il progetto di ricerca, sviluppato in collaborazione con l’Università La Sapienza di Roma e l’Università degli Studi dell’Aquila, evidenzia i primi importanti risultati ottenuti attraverso l’applicazione della tecnica di neuro stimolazione su 92 soggetti sani. Si è registrato che applicando degli elettrodi su alcune zone specifiche del cranio e veicolando una leggerissima e impercettibile corrente elettrica, ad azione inibitoria o eccitatoria, sui circuiti cerebrali, è possibile modulare la capacità di addormentarsi.
Le statistiche ci dicono che per un individuo su tre dormire di notte è un’utopia. I disturbi del sonno infatti colpiscono, in modo più o meno grave, un terzo della popolazione mondiale.
De Gennaro: Sul pianeta terra ci sono milioni e milioni di utilizzatori sporadici e molte volte cronici, di farmaci così detti sonniferi, quelli che noi chiamiamo ipnotici. Questi sono farmaci che non dovrebbero e non potrebbero essere assunti cronicamente, se non più di tre o quattro settimane consecutive.
Le indicazioni terapeutiche fornite dalle stesse case produttrici, ne sconsigliano l’uso prolungato, perché con il passare delle settimane, l’organismo si abitua, il farmaco perde di efficacia, e richiede dosi sempre maggiori instaurando un meccanismo di dipendenza. Nonostante gli ingenti investimenti fatti, la ricerca farmacologica non è ancora riuscita ad individuare il principio attivo capace di risolvere il problema dell’insonnia cronica. Perché?
Rossini: Ricordiamo anche che il nostro cervello è protetto in qualche modo da tutto quello che circola nel flusso del sangue da un filtro che si chiama barriera emato-encefalica, molto sottile, che permette il passaggio soltanto di molecole di dimensioni molto piccole. Questa è una grossa difesa nei confronti di batteri e anche di virus, di proteine che aggrediscono il cervello e questo lo è anche nel confronto dei farmaci.
La barriera emato-encefalica quindi “spunta” le armi ai farmaci.
Di fronte a quest’oggettiva difficoltà, Luigi De Gennaro e Paolo Maria Rossini hanno deciso di affrontare l’insonnia da un altro punto di vista. Quello elettrico.
Il nostro cervello è composto da un’infinità di reti neuronali composte a loro volta da milioni di cellule che comunicano tra loro con un misto di reazioni chimiche e impulsi elettrici. Dall’esterno è praticamente impossibile sapere cosa avviene, minuto per minuto, a livello chimico all’interno della nostra scatola cranica, ma è invece molto più semplice registrarne l’attività elettrica applicando una serie di elettrodi.
La registrazione delle attività elettrica cerebrale ci ha permesso di fotografare le varie fasi che compongono il fenomeno del sonno e isolare le onde elettriche caratteristiche di ciascuna fase.
De Gennaro e Rossini, si sono detti: perché non intervenire sul cervello con stimoli elettrici anziché con i farmaci che tanto faticano a superare il filtro encefalico?
Che la stimolazione del cervello con piccoli campi elettro-magnetici si efficace è cosa nota da tempo.
De Gennaro. Nel repertorio delle tecniche che rilasciano impulsi magnetici o attività elettrica, si possono artificialmente indurre una gamma molto articolata di comportamenti. Certo, cose molto semplici, come per esempio indurre la contrazione di un dito, indurre il battito di una palpebra, è molto semplice,
Stimolando le zone cerebrali sottostanti con impulsi elettromagnetici di pochi microampere, è possibile indurre la paziente a compiere azioni ben precise, come muovere ora un dito ora l’altro. In sostanza il magnete attiva la zona della corteccia cerebrale nel punto esatto preposto al controllo del movimento del dito indice e il paziente risponde come telecomandato. Ora è la volta del dito medio, ora della palpebra.
La stimolazione elettrica o elettromagnetica delle aree cerebrali, a differenza dei farmaci, arriva direttamente ai circuiti cerebrali, senza nessuna barriera che li intercetti o modifichi.
Tutti questi però sono movimenti semplici, ma il sonno e tutta un’altra cosa. Il sonno è un processo mentale molto complesso e articolato, ma anch’esso è caratterizzato da onde elettriche specifiche che variano a seconda delle fasi temporali.
Ma quale è la rete neuronale che va stimolata e quale quella che va rallentata? E soprattutto quale è la lunghezza d’onda che può permetterci di scatenare i sonno?
Lo studio è partito dall’analizzare il tracciato cerebrale di volontari, deprivati di sonno, in modo da poter osservare il loro tracciato cerebrale durante il rilassamento che precede e accompagna la prima fase dell’addormentamento e isolare, per così dire, la sua “impronta digitale”. Una volta ottenuta i ricercatori possono restituirla al paziente con questo stimolatore elettrico, per indurgli il sonno.
In sostanza si tratta di trovare la “chiave” d’ingresso nelle reti neuronali che controllano il sonno, e potenziare i circuiti che inducono il rilassamento, e inibire quelle che controllano la veglia.
Rossini: Noi vorremo prendere il picco dell’Alfa e degradarlo verso il Teta….. è come prendere un bambino per mano …
Una volta isolate le onde TETA del soggetto, l’esperimento si concentra nell’osservare quali cambiamenti avvengono nel cervello del volontario quando il generatore manda leggerissime onde elettriche dell’ampiezza voluta.
Si tratta ancora di primi passi in un campo ancora sostanzialmente inesplorato, ma i risultati preliminari sembrano promettere un grande futuro e i volontari escono dalla prova con l’impressione di un profondo rilassamento.
Fonte: www.superquark.rai.it