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La comicoterapia: intervista al clown-medico del Pediatrico dell’IRCCS San Raffaele

11 Febbraio 2008

La clownterapia, ossia la tecnica di  alleviare il dolore dei malati attraverso il gioco e la comicità, rappresenta oggi una delle nuove e rivoluzionarie frontiere della medicina. Nata negli anni Settanta, la terapia della risata è diventata famosa grazie al film “Patch Adams”, ispirato all’omonimo medico statunitense che è stato fra i primi ad applicarla con successo ai suoi pazienti: “Ci sono migliaia di studi, di documenti, di ricerche – ha affermato il celebre Patch Adams – che dimostrano l’enorme importanza dell’umorismo per la salute. I ricercatori hanno trovato una relazione importante: quando si è allegri nel nostro organismo avvengono delle reazioni chimiche: si produce un aumento di endorfine e di catecolamine e una diminuzione di secrezione del colozolo (il colesterolo cattivo). Ossia la risata è uno stimolante per il sistema immunitario e comporta molti effetti positivi sul cuore e sui polmoni”.
In Italia i primi medici clown sono arrivati solo una decina di anni fa, in virtù del grande impegno profuso dai fratelli Olshansky, fondatori dell’Associazione Soccorso Clown, della Fondazione Garavaglia di Rho e di “Ridere per vivere” di Roma. Attualmente, nel nostro Paese si contano decine di Istituti e di Ospedali che utilizzano con ottimi risultati la comicoterapia come metodologia riabilitativa e terapeutica alternativa (ad esempio, come si evince da recenti fatti di cronaca, si può citare il caso dell’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze, dove una bambina sottoposta ad un doloroso intervento di biopsia ossea ha evitato l’utilizzo dell’anestesia totale grazie all’opera miracolosa di due artiste clown).
Presso il Reparto Pediatrico dell’Istituto di Ricovero e di Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) San Raffaele di Roma operano da tre anni due clown medici,  il Dott. Ragù ed il Dott. Su Per Giù (i nomi d’arte di Paolo D’Isanto e Pasquale Ladelfa) dell’Associazione “Theodora”, che svolgono un ruolo fondamentale nella terapia riabilitativa dei bambini affetti da diversi tipi di disabilità dello sviluppo. Vi presentiamo di seguito un’interessante testimonianza di questa affascinante attività…

Gioco e riabilitazione: due concetti differenti eppure così intimamente correlati. Dott. Ragù, secondo lei qual è il ruolo del gioco nel recupero psico-fisico del bambino affetto da disabilità dello sviluppo?

“Innanzitutto, il gioco rappresenta uno strumento cognitivo essenziale per esplorare il mondo esterno, per apprendere i nessi logici ed i rapporti causali e per recepire positivamente i simboli. Il gioco, inoltre, riveste il ruolo fondamentale di aiutare il bambino disabile ad esprimere se stesso attraverso una catarsi emotiva che gli fa esprimere spontaneamente i propri bisogni, fantasie e stati d’animo. Il gioco è anche un indispensabile strumento di relazione che permette di mediare i rapporti e di alleggerire le angosce, rappresentando in tal modo un prezioso strumento di socializzazione per i bambini affetti da disabilità tali da comportare ritardi nello sviluppo psicomotorio che ostacolano l’espressione, il movimento e l’azione”.

Dott. Ragù, secondo lei quali sono le caratteristiche psico-attitudinali che dovrebbe avere un clown medico?

“Io credo che alla base di questa professione ci sia innanzitutto una solida base artistica, acquisita con l’esperienza oppure presso una scuola di teatro e di recitazione, finalizzata a fornire la capacità di improvvisazione e le principali doti tecniche di intrattenimento; inoltre, ritengo che un’altra caratteristica imprescindibile sia quella di essere disponibili ad ascoltare il prossimo e dotati di un grande intuito e di una spiccata sensibilità che ti consentano di volta in volta di capire le situazioni contingenti e di aiutare quindi al meglio i piccoli ospiti del Reparto”.


Sulla base di quello che lei ha detto, per svolgere questa professione non è necessaria una preparazione medico scientifica oppure un corso di formazione ad hoc…


“In relazione alla preparazione medico-scientifica, prima di avvicinarmi a qualunque bambino io mi avvalgo sempre della preliminare consultazione della caposala del Reparto, la quale mi fornisce sempre le indicazioni di massima sulla patologia da cui è affetto il giovane paziente e sulle condizioni cliniche generali, in modo tale da non fornire sollecitazioni controproducenti. Per quanto riguarda un corso di formazione ad hoc per questa professione, penso che potrebbe rivelarsi utile come ausilio ma non indispensabile, dato che come ho già detto la capacità di improvvisare, le doti artistiche, la spontaneità  e la capacità discrezionale di agire sempre sulla base della situazione del momento fanno sì che non si possano costruire protocolli troppo standardizzati  e stereotipati su cui poter lavorare. Comunque, la questione di istituire corsi di formazione sulla comicoterapia è molto attuale, dato che l’Università “Roma tre” sta elaborando in questi mesi un progetto di questo genere, si vedrà…”

Ci può sintetizzare in poche parole la sua esperienza con i piccoli pazienti?

“Inizialmente, vedere delle realtà così crude e di sofferenza è stato traumatico, ma poi i risultati ottenuti ed il sorriso sulle labbra dei bambini mi hanno dato lo sprone per proseguire in questa meravigliosa professione!”