News > La formula della longevità: la parola al prof. Tasciotti dell’IRCCS San Raffaele
“Mangiare bene, muoversi e prendersi cura dello stato mentale”: questi sono i tre pilastri dell’approccio alla longevità del professor Ennio Tasciotti, responsabile dello “Human Longevity Program” dell’IRCCS San Raffaele che in un’intervista rilasciata alla rivista Gente ha illustrato il suo metodo. Dopo oltre un decennio trascorso negli Stati Uniti, Tasciotti è infatti tornato in Italia e ha deciso di applicare le sue conoscenze in modo pratico nel laboratorio che dirige presso l’Istituto romano. La sua scienza della longevità mira non solo a invecchiare bene, ma anche a vivere in salute nel tempo facendo una reale differenza nella vita delle persone.
Cominciamo dal primo pilastro, l’alimentazione: quali sono i cibi da evitare e quali consiglia?
«I peggiori sono i cibi processati, cioè quelli che escono da una busta, da una scatola, da un contenitore. Per quanto riguarda i cibi presenti negli scaffali del supermercato esiste un trucco: basta guardare la lista degli ingredienti se sono di più di quelli che useresti, o se ce ne sono troppi che neanche conosci, allora lascia la confezione sullo scaffale e scegline un’altra. Quando si parla di proteine di origine animale bisogna essere particolarmente attenti, perché la qualità di cosa mangiamo impatta a lungo andare la qualità della nostra salute. Quando compriamo carne o pesce da allevamento intensivo dobbiamo ricordarci che nei nostri piatti finiranno anche moltissimi contaminanti come pesticidi, fertilizzanti, antibiotici, ormoni, metalli pesanti, per non parlare dell’elevato contenuto di acidi grassi saturi, che portano all’aumento del colesterolo e al maggior rischio di malattie cardiache».
I cibi più importanti da non farsi mancare mai?
«Le fibre: sono fondamentali perché danno da mangiare ai batteri che vivono nella nostra pancia. L’insieme di questi batteri è il nostro migliore alleato per il benessere, perché se stanno bene loro stiamo bene anche noi. Basti pensare che l’intestino è l’organo più ricco di neuroni dopo il cervello. I neuroni del cervello e della pancia si parlano in continuazione: non a caso quando si sta male, si avverte una stretta alla pancia, va via l’appetito. Esistono poi dei cibi che fanno molto bene. Ad esempio quelli di colore viola, come il cavolo rosso, i frutti di bosco, le barbabietole: sono ricchi di antocianine, sostanze antiossidanti benefiche per tutto il corpo. Ottima la patata viola: gli abitanti dell’isola di Okinawa prendono l’80% dei carboidrati mangiando solo patata viola e sono tra i più longevi del mondo».
Il movimento è il secondo pilastro della sua ricetta di longevità. Perché?
«Perché attiva il sistema linfatico, le fogne del nostro organismo. Dopo aver “mangiato”, poi buttano i residui “fuori dalla finestra”, nello spazio tra una cellula e l’altra. La sporcizia viene drenata dal sistema linfatico, che viene attivato unicamente dal movimento. Se si sta fermi, non si attiva il sistema linfatico e le tossine rimangono lì a inquinare. Il movimento è vita e gli studi hanno dimostrato che basta poca attività fisica ogni giorno per avere una riduzione del
30-40 % del rischio di Alzheimer: basta camminare tutti i giorni per 20 minuti o fare cinque piani di scale a piedi. L’impegnò è questo. La persona anziana che si porta da sola le buste della spesa sta aumentando la sua longevità perché l’attività intensa attiva tanti fattori – tra cui per esempio l’ormone della crescita – che aiutano a prevenire tante malattie. Non dico di diventare body builder a 60 anni, ma continuare a fare la spesa da soli, prendersi cura dell’orto, fare ogni giorno le pulizie di casa, camminare in salita: sono tutti sforzi benefici».
L’ultimo pilastro è la mente.
«Lo stato spirituale, emotivo ed emozionale influisce sulla salute: stress, ansia, depressione, solitudine sono dannosissimi. Abbiamo scoperto che la solitudine fa male e diminuisce le aspettative di vita quanto fumare un pacchetto di sigarette al giorno. E questo accade perché il potere della mente sul corpo è fortissimo: l’effetto placebo, ormai è dimostrato, giustifica da solo il 25-30% degli effetti benefici di un farmaco».