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La storia di Antonello, un paziente davvero speciale!

28 Luglio 2010

Ma cosa fanno intorno a un tavolo a parlare un paziente e un direttore amministrativo di una struttura sanitaria? Come mai queste due persone, che nei loro rispettivi ruoli di paziente e manager, non dovrebbero avere occasione di incontrarsi sono qui amabilmente a confrontarsi?

Succede perché al San Raffaele Nomentana  le barriere tra gli addetti ai lavori e i pazienti sono state abbandonate a favore di una comunità che cerca ogni giorno di dare il meglio di sé. E’ questa una tendenza che nelle esperienze più avanzate sta prendendo piede: ascoltare i pazienti, non considerarli dei “malati” da curare, ma delle persone che hanno delle cose da dire, dei suggerimenti da dare, perché sono gli utenti delle strutture sanitarie che per primi possono capire cosa funziona e cosa no. Se poi aggiungiamo che Antonello Baranta, il nostro paziente, è un’artista, un vulcano di idee e di parole, la cosa diventa ancora più facile, e si fa bingo se dall’altra parte c’è il direttore Guido Poli, uno che sa ascoltare. L’ascolto è una parola chiave per le aziende oggi; non fa eccezione una struttura sanitaria dove ascoltare veramente quello che i pazienti hanno da dire può aiutare a migliorare le performance. Su questo Antonello Baranta ha le idee molto chiare: “vorrei fare una premessa, non è dell’eccellenza delle cure che ho ricevuto qui al Nomentana che vorrei parlare, anche se questo è fondamentale e posso dirlo io che, ahimé, sono stato nei migliori IRCSS d’Italia, il mio caso è stato un case report del 2003, so bene dunque ciò di cui parlo. Quello che vorrei sottolineare – continua Baranta – è una caratteristica che non sta in nessun protocollo sanitario, che non si può toccare con mano, che è la capacità dei terapisti e di tutto il personale di assistenza, di rivolgersi sempre a te come persona prima che come paziente”. Antonello Baranta con Giovanna Piccolella e Maria Santoro Antonello ci racconta la sua storia, e la sua esperienza al San Raffaele Nomentana:Nella mia fase di malattia, la fase riabilitativa di un invalido al 100%, quando sei uscito dalla morte e vedi, anzi senti la spasticità che non ti fa muovere più una parte del tuo corpo, non hai più a disposizione i movimenti tattili né quelli prensili, quello che è molto importante – dice Antonello con sguardo interrogativo – “è il ponte, il canale di comunicazione da riaprire tra il tuo corpo e la tua psiche, la tua mente: devi avere tutte persone che ti vogliono bene intorno, non una casa di cura, ma una famiglia, una famiglia speciale non quella naturale, ma quella che ti crei in un posto come il San Raffaele Nomentana dove impari a voler bene e a ricevere una dose d’amore dalle persone che ogni giorno si prendono cura di te”. Non c’è soltanto umanità ma anche professionalità, più volte Antonello ripete queste parole. “Vi do un piccolo esempio – prosegue – qui se un terapista mi incontra anche in un momento di pausa, mentre cammino nel corridoio, ed io sto mettendo la gamba e il passo a caso, dopo un sorriso, mi aggiusta il passo, mi ricorda come devo fare dicendo: ’Antonello, alzi il ginocchio in questo modo…’ e io così miglioro il mio modo di camminare”. Antonello è un fiume in piena, un vulcano ma Guido Poli da buon ascoltatore sa quando trovare il varco giusto (se fosse un calciatore sarebbe un regista, attento all’inserimento del compagno). “Intanto” – dice Poli sorridendo- “Baranta appena è arrivato qui aveva delle aspettative basse, era forse sfiduciato, e soprattutto aveva una brutta opinione del sistema salute italiano. Con il passare del tempo, dopo aver sperimentato come lavoriamo è rimasto conquistato, oserei dire completamente innamorato della struttura e del nostro modo di fare.” “Ho girato tante strutture sanitarie ma non potevo credere che ci potesse essere una struttura simile!”. Ribadisce Baranta. Foto di gruppo con i fisioterapisti del San Raffaele Nomentana “Vorrei dare una spiegazione della testimonianza di Baranta – aggiunge Poli – questi risultati non si ottengono per caso e non si ottengono da soli: qui c’è una lunga storia di attenzione alla selezione dl personale, e ai collaboratori scelti si trasmettono dei valori fondanti. Su questo siamo davvero molto rigorosi.” “Al San Raffaele Nomentana” – prosegue Poli – fondamentale è il lavoro di gruppo e il merito è di tutto il gruppo di professionisti che ci lavora ogni giorno. Il gruppo di terapisti è lo stesso da molti anni, questo fa la differenza”. Visto che Antonello ha parlato “troppo bene di noi” gli chiediamo in che cosa possiamo migliorare: Baranta: “il San Raffaele Nomentana deve mantenere gli attuali standard, la vera sfida è mantenere questo livello di qualità assistenziale. E’ inoltre importante fare operazione di comunicazione utilizzando anche il mondo del social network e la sua capacità di far fare passaparola. Dovete fidelizzare i pazienti che sono stati qui!“. Antonello, grazie davvero per i tuoi preziosi suggerimenti!! Potete leggere e commentare l’articolo anche sul nostro Gruppo di Facebook all’indirizzo http://www.facebook.com/group.php?gid=250200917964&ref=ts.