News > La terapia con apomorfina nel paziente affetto da malattia di Parkinson in fase avanzata
300.000: questo il numero, in Italia, dei malati di Parkinson. L’idea che la malattia riguardi solo gli anziani non corrisponde più alla realtà: i parkinsoniani sono infatti sempre più giovani (un paziente su 4 ha meno di 50 anni, il 10% ha meno di 40 anni), per il fatto che la scienza è oggi in grado di porre una diagnosi ai primi sintomi, quando la malattia è ancora in fase precocissima.
Tremore, lentezza dei movimenti, rigidità muscolare e instabilità posturale: questi i principali sintomi. Soffrire di Parkinson significa, però, avere anche dolore (presente nel 46% dei casi) e problemi motori generali con perdita della stabilità, fino a subire frequenti cadute. La demenza compare nella fase avanzata e può riguardare il 20-25% dei pazienti.
Le cure si basano essenzialmente su farmaci che hanno la capacità di bloccare i sintomi del Parkinson, ma che perdono di efficacia man mano che la malattia si aggrava o che danno problemi psichici. Fino ad oggi, quindi, la malattia è stata combattuta solo a livello dei sintomi, non nella sua progressione.
Proprio su questi aspetti si incentrerà il corso ECM dal titolo “La terapia con apomorfina nel paziente affetto da malattia di Parkinson in fase avanzata” che si terrà nei giorni 23 e 24 ottobre, presso l’IRCCS San Raffaele Pisana di Roma.
«Dopo alcuni anni di terapia con Levodopa (il farmaco utilizzato per il trattamento della malattia di Parkinson)», spiega la Dott.ssa Laura Vacca dell’Istituto di via della Pisana, «i pazienti possono sviluppare una risposta erratica, con comparsa di fluttuazioni della risposta motoria e discinesie. Le prime consistono in variazioni dello stato clinico durante la giornata, mentre le seconde sono dei movimenti anomali che si sviluppano senza che ci sia la volontà di eseguirli».
Per integrare o sostituire la terapia con Levodopa, la somministrazione per via sottocutanea di apomorfina, mediante diffusori portatili opportunamente programmati, si è dimostrata una strategia terapeutica estremamente valida e utile. Tuttavia risulta di fondamentale importanza la selezione dei pazienti che devono sottoporsi a tale somministrazione.
«Le caratteristiche cliniche del paziente idoneo alla terapia infusionale sono: un’età compresa tra 30 e 70 anni (preferibilmente mai oltre i 75 anni); assenza di gravi malattie sistemiche, con particolare riguardo alle malattie cardiovascolari; assenza di disturbi psichiatrici in anamnesi o segni di deterioramento mentale (valutabile con testistica neuropsicologica); buona risposta alla levodopa e risposta ottimale al test acuto di apomorfina».