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La terapia occupazionale: figlia di una rivoluzione culturale in riabilitazione

13 Luglio 2005

“La Terapia occupazionale nasce dalla consapevolezza che anche il più efficace dei trattamenti riabilitativi rischia di rimanere comunque incompleto se il recupero funzionale rimane confinato nell’ambito della palestra e non si traduce in abilità da utilizzare all’interno della vita quotidiana del paziente, nell’ambiente di lavoro e nell’abitazione”. 

Con queste parole la dottoressa Maria Pia Massimiani, responsabile del servizio di Terapia Occupazionale della Casa di Cura San Raffaele Portuense, ci introduce a quello che è considerata la vera e propria rivoluzione copernicana in riabilitazione.  “Il problema è comprendere cosa si intenda per riabilitazione. Riabilitare non significa più meccanicamente solo recuperare il funzionamento di un arto, ma ricostituire il più possibile l’integrità di una persona. Di qui nasce la T.O. che si propone di valutare ciascun paziente nella propria attività di vita quotidiana (AVQ) e di suggerire strategie che gli permettano di essere il più possibile autosufficiente”.

La T.O. interviene anche sull’ambiente che circonda il paziente, rendendolo più “intelligente” e cioè più adatto e gestibile anche da chi soffre di una determinata disabilità…   

“Ci siamo resi conto che la maggior parte dei nostri pazienti arrivava da noi dopo un trauma, viene riabilitato al meglio, ma una volta a casa è bloccato da barriere architettoniche e da spazi non funzionali”

Quale soluzione avete identificato, dunque?

“Abbiamo subito capito che era necessario integrare i percorsi riabilitativi in struttura con interventi domiciliari”.

Ma cambiare una casa costa molto?

“Non sempre. Anzi, il più delle volte basta isolare i problemi e trovare soluzioni spesso piuttosto semplici. Prendiamo ad esempio l’uso del bagno. In struttura il paziente viene addestrato all’autonomia, poi arriva a casa ed come se non avesse imparato nulla per via di ostacoli architettonici. Tuttavia, quasi sempre non c’è bisogno di costruire un bagno nuovo, basta ricavare gli spazi di rotazione di una carozzina o fare uso di strumenti più pratici come i doccini”.

In quale momento si deve intervenire con un sopralluogo nell’abitazione?

“In genere, è cosigliabile effettuarlo subito prima delle dimissioni. In modo da aver chiaro lo stadio evolutivo della patologia e modulare in mase a questo le scelte”.

Alcune volte però non è possibile modificare l’ambiente…

“In questo caso siamo noi ad impostare il trattamento sulla base dei limiti dell’ambiente, come nel caso dell’addestramento di pazienti alle barriere di un posto di lavoro”.

Esistono leggi che tutelano le persone disabili sui posti di lavoro…

“Certo, ma spesso sono poco conosciute ed ancor meno applicate. Per questo il nostro servizio di T.O. si preoccupa anche di segnalare le leggi statali, ma anche di comuni e enti locali, cui appellarsi e i diritti riconosciuti dal nostro sistema normativo. Intervenire anche in questo settore è fondamentale, perché, proprio a partire dalla filosofia di cui si parlava prima, solo così si “riabilita” davvero”.

Da qualche mese la T.O. è disponibile anche per pazienti esterni alla struttura, un’altra rivoluzione?

“Si tratta del naturale corollario al nostro lavoro. Al di là del ricovero in Casa di Cura, moltissimi disabili, ma anche anziani, hanno bisogno di una valutazione professionale e di un intervento domiciliare al fine di identificare le corrette strategie per raggiungere l’autosufficienza. Noi per primi nella Capitale abbiamo deciso di fornire questo servizio innovativo”.