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Le sorprendenti capacità evocative del nostro cervello

1 Agosto 2005

Il professor Giaquinto: “Il vero musicista può ‘trasfersi’ in una sinfonia che sente. Non si tratta di allucinazioni ma di creazione artistica”

Secondo la tesi esposta in un recente articolo apparso in prima pagina sul “Corriere della Sera” il cervello umano funzionerebbe come un “IPod”, producendo vere e proprie allucinazioni musicali.

Incuriositi, abbiamo chiesto al professor Salvatore Giaquinto, direttore del Dipartimento di Scienze neurologiche motorie e sensoriali dell’IRCCS San Raffaele, un suo parere scientifico sull’argomento.

Lo pubblichiamo di seguito.

“Spiegare che il cervello possa talvolta funzionare come un IPod sembra chissà quale novità, ma non c’è nulla di nuovo sotto il sole. La nostra mente in maniera volontaria o involontaria può aprirsi in uno scenario fantastico, che, se disgiunto dalla realtà, diventa psicosi. Ma sta di fatto che il vero musicista può trasferirsi in una sinfonia che “sente” in ogni particolare: non si tratta di allucinazioni, bensì di creazione. Beethoven, persona con bassa capacità uditiva, “sentiva” nella mente le sue sinfonie e le trascriveva in quella maniera mirabile che sappiamo. Proprio in Canada il famoso neurochirurgo Penfield poteva evocare motivi musicali antichi in pazienti svegli con la stimolazione del lobo temporale La mia amica pittrice Elica Balla, purtroppo scomparsa, mi diceva che lei si immergeva in una specie di meditazione fino a quando, di colpo, le appariva tutta la forma del ritratto che doveva fare a una persona, anche senza che questa posasse. Sono certo che i grandi registi cinematografici “vedono” la scena del film molto prima di girarla.

Che l’identificazione dei suoni si associ a contenuti emotivi e mnesici è cosa notissima ci si serve di questa nozione nel trattamento dei soggetti con demenza. Altra solo presunta novità è che il processo di elaborazione musicale avvenga prevalentemente nell’emisfero destro del cervello. Eppure ogni giorno da noi, in riabilitazione neuromotoria, ne abbiamo prova. Ci sono afasici espressivi, con lesione cerebrale a sinistra, che cantano senza parole, con perfetta intonazione. Addirittura c’è la terapia melodica per migliorare la comunicazione di quelli che hanno perso la parola. Possiamo anche chiederci dove si nascondano il vocabolario o la capacità di calcolo.

Probabilmente non c’è una piccola zona, ma un insieme di moduli, non necessariamente contigui legati insieme da un linguaggio di programmazione. Qualunque sia la struttura, essa è geneticamente determinata. L’apprendimento sviluppa quello che è stato ereditato.

Citerò un altro amico, Riccardo Muti, il grande direttore di orchestra. Quando suonava al pianoforte, da giovanetto, mi faceva venire i brividi. I suoi studi musicali, pur severi, non potevano spiegare quella straordinaria qualità di suono, sconosciuta ai suoi compagni di corso. Come nel caso di Mozart, il talento, ovvero quella particolare ed unica organizzazione cerebrale, è in gran parte ereditata. Quando si troveranno i geni dei geni allora sì che potremo parlare di straordinaria scoperta.

Il pezzo del Corriere della Sera è disponibilie su www.corriere.it