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Lotta contro il dolore: intervista al Prof. Massimo Fini

20 Settembre 2011

Intervista al Prof. Massimo Fini, Direttore Scientifico dell’IRCCS San Raffaele Pisana

Prof. Fini a suo avviso in qual modo viene culturalmente e professionalmente percepito dagli operatori sanitari il problema del dolore?

In Europa 75 milioni di persone (il 19% della popolazione adulta) sono interessate dal problema del dolore cronico. In Italia, che è il terzo paese europeo per la frequenza di casi, dopo la Norvegia e il Belgio e il primo per quanto riguarda la frequenza di dolore cronico severo, il problema del dolore colpisce più di 12 milioni di persone.
Tra gli operatori del settore si va diffondendo una consapevolezza sempre maggiore di questo problema che è strettamente correlato al profondo mutamento sociale rappresentato dal cambiamento demografico.
E’ fondamentale poter disporre e impiegare strumenti adeguati a valutare e trattare il dolore nel modo più idoneo possibile superando il concetto di dolore come sintomo, in quanto, se intenso, diviene una esperienza totalizzante. Negli ultimi anni il problema della gestione e controllo del dolore, ha acquisito per gli operatori sanitari un’importanza sempre maggiore, spingendoli sempre più nella direzione della cura non del sintomo, non della malattia, ma della persona nella sua interezza.

 

Si parla della misurazione del dolore, di cui fa cenno anche una norma della legge 38/2010. Come si può arrivare a tale misurazione in maniera applicativa e come realmente il paziente percepisce il dolore?

Il dolore è descritto come “una esperienza sensitiva ed emotiva spiacevole, associata ad un effettivo o potenziale danno tissutale o comunque descritta come tale”. Prima di iniziare un trattamento è necessaria una valutazione accurata per determinare il tipo di dolore, la gravità e gli effetti sul paziente. Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 1986, ha pubblicato le Linee Guida sul dolore per stabilire un metodo scientificamente valido per combattere il dolore elaborando una sorta di scala antalgica.
La prescrizione di una adeguata terapia antalgica presuppone una corretta diagnosi di dolore. La presenza di dolore cronico può indurre depressione; la persona depressa avverte di più il dolore. Per una corretta gestione del dolore è fondamentale conoscere il tipo di dolore, la gravità, gli effetti complessivi sul paziente. In altre parole, per un adeguato controllo e terapia del dolore, è fondamentale effettuare una diagnosi corretta di dolore.

 

Secondo lei, si potrà arrivare in Italia all’ “ospedale senza dolore”?

Il cambiamento di approccio nei confronti del dolore richiede una adeguata formazione dei professionisti della cura (medici e infermieri) sulla terapia del dolore, sui farmaci antalgici, sulle vie, modalità di somministrazione, dosi, prevenzione degli effetti collaterali e più in generale sugli aspetti fisici, biologici, psicologici del dolore e qualità di vita.
La terapia del dolore è l’insieme di interventi diagnostici e terapeutici volti ad individuare ed applicare le terapie (farmacologiche, chirurgiche, riabilitative e psicologiche) più appropriate a ridurre le varie forme di dolore.
Negli ultimi anni l’impegno è stato volto alla sensibilizzazione, informazione e formazione degli operatori sanitari sul tema del dolore, per bloccarne, gestirne e ridurne gli effetti, grazie a una adeguata valutazione e a terapie adeguate. Pertanto un approccio terapeutico integrato tra le figure professionali adeguatamente formate a predisporre e affinare un percorso personalizzato assiste il paziente e lo indirizza verso un utilizzo appropriato della farmacologia antalgica.

 

Sindromi dolorose colpiscono spesso i malati anziani e/o vecchi. Come affrontare la lotta contro il dolore in tali pazienti in relazione all’assorbimento dei farmaci analgesici ed alla possibilità di maggiori effetti collaterali?

Il dolore è un problema comune tra gli anziani e quasi sempre viene sottodiagnosticato e sottotrattato. Il dolore degli anziani viene vissuto molto spesso, per motivi culturali, anche dalle persone anziane stesse, come momento di espiazione o con la convinzione che si tratti di una caratteristica fisiologica correlata all’età.
La gestione terapeutica del paziente anziano rappresenta una continua sfida. Per prima cosa diventa cruciale una corretta diagnosi delle cause che hanno portato al dolore al fine di effettuare un intervento terapeutico mirato ed idoneo.
La maggior parte delle volte ci possiamo trovare di fronte a manifestazioni dolorose che hanno eziologia completamente differente e devono essere trattate singolarmente con la corretta terapia farmacologia. Ma la strategia più idonea per un corretto utilizzo dei farmaci è l’associazione con la terapia riabilitativa mirata.

 

Sempre in materia di pazienti anziani, come, a suo avviso, dev’essere concepito il rapporto rischio-beneficio di una terapia farmacologica, in presenza anche di polipatologie, e della necessità di dover somministrare al paziente diversi farmaci?

E come si possono risolvere, da parte del medico, i problemi di un giusto dosaggio che possa ottenere risultati terapeutici positivi? Nel paziente fragile è necessario prima di tutto non perdere mai di vista l’obiettivo finale che è la qualità della vita del paziente. Tenendo in considerazione questo principio sarà necessario individuare di volta in volta la terapia farmacologia da somministrare. E’ necessario non perdere la visione d’insieme del paziente e questi pazienti in particolare hanno necessità di essere monitorati di continuo. E’ importante avere a disposizione le unità di farmacologia clinica per conoscere il corretto dosaggio dei farmaci nel singolo paziente. Solo controllando il paziente in maniera sistematica e con interventi e terapie individuali è possibile ottenere dei risultati positivi riducendo gli effetti collaterali.

 

Il dolore neuropatico: un grave problema di salute che colpisce molti pazienti, soprattutto anziani, e che incide sulla qualità della vita. Siamo ancor oggi fermi alla somministrazione di farmaci antiepilettici e psicoanalettici per tale patologia oppure vi sono altre efficaci prospettive farmacologiche e non?

Purtroppo, stiamo iniziando solo oggi a renderci conto di questa problematica che affligge un numero spropositato di soggetti. Recentemente, grazie agli studi di farmacologia molecolare che sono stati in grado di mettere in evidenza meccanismi del dolore ad oggi sconosciuti è possibile pensare a nuovi approcci terapeutici che siano in grado di ridurre le dosi dei farmaci già in uso aumentandone l’efficacia terapeutica e riducendo notevolmente il carico dei numerosi effetti collaterali che essi si portano dietro. Inoltre, è sempre più evidente che il solo intervento farmacologico non è sufficiente ma va integrato con un approccio riabilitativo del paziente, soprattutto anziano.

 

Infine, Prof. Fini, qual è, a suo parere, la “soglia psicologica” del dolore e l’incidenza degli aspetti psicologici sul dolore stesso?

Il dolore cronico, la conseguente disabilità, la limitazione dello stato funzionale sono fra le cause più importanti di un deterioramento della qualità di vita, ridotto benessere e depressione. La percezione del dolore è legata al contesto, alle esperienze di vita. La capacità di sopportare e comunicare il dolore non sono uguali in tutte le persone. Le reazioni variano anche in funzione delle caratteristiche del soggetto che le vive, del contesto in cui viene vissuta l’esperienza, e possono essere temporanee o durature. Il paziente si adatta alla circostanza dolorosa, e le difese che si attivano come risposta variano in funzione della storia personale, della natura e specificità della patologia che provoca dolore. La sensazione del dolore non è semplicemente la trasmissione di un impulso nocivo dalla periferia al centro ma subisce una percezione e cioè una elaborazione prima di diventare una emozione con le caratteristiche legate alla personalità, alla esperienza e alla cultura del soggetto. Il dolore ha anche in sé una componente cognitiva (l’esperienza del dolore viene modificata dai significati che il soggetto attribuisce) ed una componente affettiva (lo stimolo doloroso viene accomunato al vissuto emotivo). Il dolore modifica l’umore, la personalità, lo stato funzionale, comporta un adattamento dello stile di vita (a livello di vita personale, sociale, lavorativa), peggiora la qualità di vita delle persone aumentando l’utilizzo dei servizi sanitari.

 

Impact, workshop sul dolore, al quale lei ha partecipato, che si è svolto a Firenze il 1° e 2 luglio scorsi. Quali sono stati i maggiori risultati del dibattito e quali le ulteriori prospettive operative in materia di lotta contro il dolore, anche in relazione al complesso iter applicativo della legge 38?

Un aspetto importante della Legge 38 è il riconoscimento del dolore come malattia e non come sintomo. Un aspetto fondamentale per rendere la legge effettiva, è quello di condividere con le società scientifiche un percorso che ponga il dolore al centro degli interventi, che coinvolga tutti i professionisti del settore considerando il dolore nei diversi ambiti terapeutici. Si rende necessario inserire in cartella clinica la segnalazione sul dolore riportata dal paziente e i farmaci usati per trattarlo. Si prevede la realizzazione di centri e ambulatori per la terapia del dolore cronico. La legge dedica particolare attenzione al diritto alle cure antalgiche per i bambini.

Fonte: Telemeditalia – http://www.telemeditalia.it/it/ej-salute/content/detail/0/181/2243/intervista-al-prof-massimo-fini-direttore-scientif.html