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Mio padre salvato dal San Raffaele di Roma: la storia del ritorno alla vita di Ettore

18 Maggio 2012

Mio padre si stava spegnendo lentamente, il San Raffaele di Roma lo ha  riportato in vita, e per questo non potremmo mai ringraziarvi abbastanza”.

Queste le prime parole pronunciate da Luisa, quando ci siamo incontrate perché ci raccontasse la storia di suo padre Ettore.

Una storia fatta di corse in ospedale, di diagnosi infauste, talvolta sbagliate, di progressiva perdita di fiducia nella possibilità di guarigione. Ma fatta anche di amore, forza, capacità di  non arrendersi mai di fronte alle difficoltà.

 

Tutto inizia 4 anni fa: Ettore, 76 anni fino a quel momento portati benissimo, perde sua moglie, e da quel momento, inizia un lento declino: depressione, perdita progressiva della memoria, ansia, allucinazioni.

Tutta una serie di sintomi, dunque, non riconducibili ad una diagnosi specifica. Una sola certezza era stata data dai medici: Ettore soffre di Parkinson, e per questo viene sottoposto a cure specifiche.
Le figlie di Ettore, Luisa, Adele e Valentina, sono sempre più preoccupate nel vedere il papà perdere progressivamente in lucidità.

Il 2 gennaio di questo anno, di fronte ad una situazione che continuava a peggiorare, i familiari decidono per il ricovero in un’importante ospedale romano, e qui iniziano le diagnosi infauste: sospetto tumore ai polmoni, no forse non è tumore ai polmoni ma tumore al cervello, evidenza di ictus continui….
E ai familiari non resta che prendere atto di quello che veniva loro detto dai medici.

 

Nostro padre non mangiava più, non riconosceva nessuno, era ormai in uno stato completamente catatonico” – ci racconta Luisa – questo è stato il momento in cui abbiamo quasi perso tutte le speranze. I medici continuavano a dirci: dovete solo pregare che muoia….ll 22 gennaio abbiamo chiamato il sacerdote per l’estrema unzione”.

Ma non l’abbiamo mai abbandonato e, soprattutto, non ci siamo mai arresi,– continua Luisa – abbiamo continuato a stargli vicino, cercando di stimolarlo con le cose che più gli piacevano. E così gli facevamo ascoltare i dvd di TOTO’ ed Eduardo de Filippo, le canzoni del repertorio napoletano. Ma lui, niente, non reagiva.”

Dall’ospedale è passato in una struttura post-acuzie, per poi ritornare a casa, dove i familiari hanno continuato ad assisterlo, consultando ancora altri medici e specialisti: “il fatto è che nessuno ci aveva dato una diagnosi certa, nessuno ci aveva detto: vostro padre soffre di queste specifiche patologie, e va curato in questo modo. E questo noi non potevamo accettarlo”.

 

Fino a che Ettore, dopo una bronchite bilaterale, viene ricoverato presso il reparto di Riabilitazione Respiratoria dell’IRCCS San Raffaele Pisana.

Il Prof. Cardaci, responsabile del reparto, è stato chiaro e fin dall’inizio ci ha detto che la situazione era davvero difficile. Ma subito mi hanno colpito le sue parole: fino a quando ci sarà una sola possibilità di migliorare la situazione di suo padre, noi ci siamo, e lavoreremo per questo. Mai nessuno ci aveva parlato così, mai nessuno ci aveva dato una speranza, seppur minima.”

Ed è questa la differenza che più volte Luisa ci tiene a sottolineare nel corso dell’intervista, la capacità del personale del San Raffaele di inquadrare il paziente mettendo a fuoco tutte le problematiche: problemi respiratori, Parkinson, problemi neurologici.
Di prendersene cura, non solo da un punto di vista clinico, ma anche psicologico. E la tenacia di non arrendersi mai, lavorando su ogni minimo risultato positivo, per ottenere sempre di più.

Tutti, dall’infermiere al terapista, ai medici, alla caposala, non si sono mai arresi. Se nostro padre per 5 volte era catatonico e 1 sola volta reagiva agli stimoli, era un successo e quindi si poteva, anzi si  doveva continuare”.

 

Siamo rimasti sorpresi da così tanta determinazione da parte del personale del San Raffaele, forse perché fino ad allora non ne avevamo mai avuto esperienza. Quando ci hanno chiesto di portare le scarpe da ginnastica per papà siamo rimasti perplessi. Per un attimo abbiamo pensato che ci stessero prendendo in giro….Ma poi quando gliele hanno messe….quel momento è stato una spinta per tutti!”

Ettore a poco a poco ha iniziato a rispondere agli stimoli, ogni giorno veniva raggiunto un piccolo traguardo.

Fino a quando, il 25 aprile, finalmente si è “destato” da questo stato catatonico. “Il buon Dio non mi ha voluto dall’altra parte”, queste sono state le sue prime parole che ha detto, dopo averci riconosciuto – ricorda emozionata Luisa.

Oggi Ettore è un signore di 80 anni che dignitosamente affronta le sue problematiche di salute. Mangia da solo, riesce a star seduto sulla sedia a rotelle, gioca con i suoi nipotini.

Nostro padre è un paziente ritornato alla vita grazie all’eccellenza sanitaria che regna al San Raffaele – chiosa commossa Luisa –  per voi non è mai stato un paziente perso, un paziente da abbandonare al suo destino…La buona sanità esiste, e quando la si sperimenta, ci aiuta a credere nei medici e nella scienza, ci da speranza per un futuro migliore, per noi e per i nostri figli.