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Ogni giorno 30 italiani scoprono di avere problemi d’udito

20 Febbraio 2006

 

Cinque milioni di italiani soffrono di sordità, 60mila sono bambini affetti da forme gravi. Ogni giorni 30 persone scoprono di avere gravi problemi d’udito. Udito a rischio per 6 europei su 100. Un terzo di loro impiega ben tre anni prima di parlarne con il medico, un problema sociale dilagante soprattutto fra i giovani, bersagliati da milioni di informazioni sonore.

Proprio perché a chiedere aiuto per risolvere il proprio problema uditivo non è nemmeno la metà di chi ne soffre la Commissione Europea stanzia da qualche anno più di 10 milioni di euro per la ricerca sulle varie forme di sordità. Il campanello d’allarme a volte è il disagio di non sentire bene il televisore o la suoneria del cellulare. Elementi semplici, ma pigrizia e superficialità impediscono a molti soggetti di rivolgersi ad uno specialista. Il danno del suono provocato dalla discoteca o da un concerto rock è praticamente identico a quello causato da suono emesso da un aereo in fase di decollo. Eppure. quando l’udito dà problemi l’origine può essere diversa. Un evento fisiologico (intorno ai 60 anni il 30% della popolazione ha bisogno di un apparecchio acustico), oppure un disturbo non dovuto all’età e che, nel 70% dei casi si può risolvere con l’intervento di un otorino. Ne abbiamo parlato con il professor Davide Tufarelli, primario dell’unità operativa di riabilitazione otorinolaringoiatrica dell’Irccs San Raffaele.
Professor Tufarelli, come mai la sordità sta aumentando?
“E’ aumentata l’età media di vita e quindi la presbiacusia è più incidente, gli anziani vogliono una migliore qualità di vita, aumenta la loro necessità di comunicazione. Molti più bambini con deficit  invece sopravvivono grazie al miglioramento della tecnica da parto e alle terapie intensive neonatali L’aumento, poi, dell’inquinamento acustico determina indiscriminatamente anche in chi ha modeste diminuzioni dell’udito difficoltà di comunicazione». 
Esistono diversi gradi di sordità?
«Certo. E, per decidere come intervenire, capire il grado di sordità è indispensabile. Non esiste, infatti, solo la sordità profonda o la normalità ma anche gradi intermedi di lesione uditiva che possono consentire di sentire e comprendere in un ambiente silenzioso ma non in presenza di rumori di fondo. Ciò, ad esempio, può portare i genitori il cui bambino ha una modesta ipoacusia a dire che se non risponde è perché è concentrato nei suoi giochi, e non perché c’è la televisione accesa».
E cosa si deve fare, allora, per sovvertire la situazione? 
«Fondamentale è la prevenzione.  Per quanto riguarda quella primaria, ad esempio, si deve migliorare la condizione delle sale parto e le tecniche di rianimazione; bisogna ampliare l’incidenza dell’uso di vaccini per patologie, come la parotite, in grado di determinare lesioni uditive; e ridurre o abbattere le forti fonti di inquinamento acustico. Gli anziani, poi, devono preoccuparsi di migliorare l’alimentazione e ricorrere all’uso di sostanze antiossidanti e farmaci specifici. Ancora più importante è la prevenzione secondaria, quella cioè sugli esiti della sordità, che deve contare su una diagnosi precoce. Basti pensare che nel neonato sano la sordità profonda incide per l’11,4 per mille, mentre nei neonati a rischio l’incidenza è del sette-otto per cento. Si capirà quindi l’importanza che può avere eseguire screening neonatali in tutti i punti nascita. Diagnosticare una sordità profonda in un neonato, infatti, consente di protesizzarlo o di impiantarlo con un impianto cocleare tempestivamente. Prevenendo, così, il sordomutismo e gli enormi costi sociali che questa condizione comporta (pensione per tutta la vita, un insegnante di sostegno e un comunicatore per tutta la durata della scuola, ecc.)».
In ogni caso, comunque, un ruolo fondamentale nella lotta alla sordità e all’emarginazione che questa comporta è rivestito dalla riabilitazione logopedica grazie alla quale pur avendo problemi d’udito si può imparare  a comunicare se non a parlare.
Per quanto riguarda, poi, l’abbattimento delle fonti acustiche inquinanti il professor Tufarelli ammette che ci si stia lavorando: «Si pensi ad esempio ai pannelli sulle tangenziali. Ma è ancora troppo poco. Quel che manca – sostiene – è la cultura della gente. Quante volte, ad esempio, si vedono nelle strade operai al lavoro con il martello pneumatico ma senza cuffia? E ciò nonostante ne siano stati dotati ed esistano leggi che ne imporrebbero l’uso. In una società dove comunicare è tutto questo aspetto della cultura va migliorato, perché chi non sente e non comunica, oggigiorno più che mai, è tagliato fuori».