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Quale assistenza per i malati terminali?

29 Settembre 2006

Il dibattito sull’eutanasia riaccende l’attenzione sulla necessità di assicurare un’adeguata assistenza medica ai malati terminali. Assistenza medica che deve essere fornita da personale specializzato, in grado di supportare anche da un punto di vista psicologico sia il paziente che la famiglia di appartenenza. ”Da qui la crescente importanza delle cure palliative – ci spiega il Prof. Vito Ascoli Marchetti, coordinatore Hospice del Gruppo Tosinvest Sanità – che hanno come scopo principale il preservare la migliore qualità di vita possibile ai malati terminali”. “Sulle cure palliative c’è una falsa credenza che è necessario smentire – continua il Prof. Ascoli Marchetti – La maggior parte degli individui è infatti convinta si tratti di un’assistenza superflua, che non serve; mentre sono proprio le cure palliative a trattare i sintomi più dolorosi che affliggono i pazienti affetti da tumore. La maggioranza dei pazienti ricoverati nei Centri Hospice – deputati all’assistenza dei malati terminali – è affetto da gravi disturbi correlati al cancro, ma molti sono affetti da gravi patologie del sistema nervoso centrale, dell’apparato respiratorio, cardiovascolare, e metabolico. Il malato presenta dolore in varie parti del corpo, ma anche problemi respiratori, intestinali, digestivi, psicologici e esistenziali. Allora diventa essenziale riuscire a tenere sotto controllo questi sintomi consentendo alla persona di stare meglio. Tutto questo a prescindere dallo stato di avanzamento della malattia.”

Ma in che modo è opportuno gestire le cure palliative?
E’ importante iniziare il trattamento dei sintomi in modo precoce affiancando all’attività dell’oncologo quella del palliativista. E’ essenziale inoltre garantire quella “continuità assistenziale” all’individuo che ha affrontato e perduto la sua lotta con il cancro, alleviandone le sofferenze fisiche e psicologiche attraverso la cura amorevole di un gruppo di specialisti. Fondamentale è il supporto psicologico non solo al malato ma anche ai familiari che, spesso, necessitano di assistenza medico-psicologica anche nella fase successiva alla perdita del congiunto, nel difficile periodo dell’elaborazione del lutto.

Ultimamente si è parlato anche di sedazione terminale. Quali scopi si prefigge questa pratica terapeutica?
La sedazione terminale, compito precipuo delle unità di cura palliative (U.O.C.P.), è attualmente l’unica ammessa dalla legge Italiana e possibile da praticare anche a domicilio della persona malata, tolte rare eccezioni. La rete di U.O.C.P. in Italia si sta lentamente espandendo negli ultimi anni e si esplica in regime residenziale (reparti opportunamente strutturati per la cura da erogare alle persone alla fine della loro vita per malattie inguaribili ma non incurabili, gestiti da personale medico e paramedico adeguatamente formato) e assistenza domiciliare.
Ritiene che il potenziamento dell’assistenza domiciliare ai malati terminali possa consentire una gestione più vicina alle necessità dei pazienti?
E’ bene precisare che attualmente su 100 malati che hanno bisogno di cure palliative le UOCP sono in grado di accoglierne 20/25. Questo significa che circa il 75% delle persone in Italia non riesce ad ottenere un adeguato livello assistenziale. Un esempio concreto: presso gli Hospice San Raffaele Rocca di Papa e Velletri da me coordinati – che dispongono di 30 posti residenziali e 90 domiciliari – vi sono, in media, 50 malati in lista d’attesa.

Dunque per consentire ad un maggior numero di persone malate un adeguato livello di assistenza, potrebbe essere sicuramente utile incrementare il numero degli assistiti a domicilio, garantendo loro le cure necessarie.

Peri informazioni: vitoascoli.marchetti@sanraffaele.it