News > Sindrome di Down e COVID 19: un’indagine conoscitiva dell’IRCCS San Raffaele Roma analizza l’impatto della pandemia su un campione di giovani adulti.
L’80% ha avuto ansia e il 60% ha sintomi psicopatologici.
La pandemia Covid-19 ha sviluppato i suoi effetti “collaterali” anche tra i giovani adulti con Sindrome di Down e le loro famiglie, non solo in termini di impossibilità di usufruire della necessaria continuità assistenziale, ma anche sul piano psicologico. L’impatto è stato analizzato da un’indagine conoscitiva su un campione di giovani adulti seguiti con controlli di follow-up annuali dall’Unità di Riabilitazione Pediatrica e delle Disabilità dello Sviluppo, lRCCS San Raffaele Roma (e presentata al recente Convegno “Sindrome di Down, dalla diagnosi alla terapia, del 15 e 16 ottobre).
L’indagine è stata condotta attraverso un questionario somministrato a un gruppo di 32 giovani adulti con Sindrome di Down – 18 maschi e 14 femmine – di età compresa tra i 20 e i 49 anni. “Abbiamo scelto tale campione – spiega Claudia Condoluci, Responsabile del Reparto Riabilitazione Pediatrica e delle Disabilità dello Sviluppo, lRCCS San Raffaele Roma – in quanto maggiormente colpito dall’esperienza nuova ed improvvisa legata all’emergenza sanitaria Covid 19”.
“Per la maggior parte di questi giovani adulti, una volta terminata la scuola superiore – afferma Condoluci – i centri riabilitativi, le associazioni e i progetti lavoro, rappresentano importanti contesti per favorire il processo di individuazione, affermazione di sé, autonomia e relazioni. L’interruzione della gran parte delle occupazioni o il ritardo nell’attivazione di nuove modalità (videochiamate, terapie on line etc.) ha creato una frattura significativa con il mondo esterno e con il mondo interno dei giovani e delle famiglie”
Il gruppo di giovani adulti ha risposto a 24 domande e ha descritto vissuti, problemi, conseguenze e aspettative, prendendo in considerazione il prima, il durante e il dopo il lock-down.
Le risposte sono state analizzate dall’equipe delle psicologhe del San Raffaele Roma coordinate dalla Dr.ssa Giovanna Orsini.
Prima della pandemia dei 32 ragazzi intervistati, 21 frequentavano regolarmente centri o associazioni, 5 erano già inseriti nel mondo del lavoro e 4 frequentavano ancora la scuola, uno solo non aveva alcuna attività extrafamiliare. Dalle risposte è emersa una interruzione brusca, almeno nella fase iniziale del lock down, delle diverse attività. Durante il lockdown segni di disagio in area psicologica sono stati osservati in una percentuale molto alta di pazienti (28/32 pari all’87.5%) con prevalenza di ansia e di disturbi dell’alimentazione. Parallelamente dall’analisi dei bisogni viene riconosciuta in 26 casi su 31 l’importanza del sostegno psicologico e 23 su 31 hanno lamentato la carenza di supporto sociale.
Il dopo lock-down è fortemente segnato dalla preoccupazione per la ripresa delle attività (26 casi su 31).
L’analisi di questi dati sottolinea l’importanza dei disagi della sfera psicoemotiva e dei sintomi psicopatologici quali solitudine, difficoltà nella gestione delle emozioni e degli affetti, aumento dell’ansia, talora comportamenti aggressivi, aumento delle stereotipie, disregolazione del ritmo sonno veglia o alimentazione.
La risposta delle famiglie ha portato in alcuni casi all’attivazione di risorse personali e familiari positive, ma in altri si sono evidenziati meccanismi difensivi non sempre adeguati e forte appare per la maggioranza delle famiglie la preoccupazione per la fase di ripresa delle attività, questa preoccupazione andrà accolta con l’obiettivo di una ripresa veloce e sicura delle attività riabilitative, lavorative e scolastiche di questi giovani adulti.