News > Telepresence: la storia di Ester
Paraplegica da 13 anni, la dipendente del Ministero degli Affari Esteri è la testimonial di un ambizioso progetto di ricerca condotto dall’Istituto San Raffaele di Sulmona, in collaborazione con l’Università dell’Aquila e il MAECI
Può un paziente ricoverato presso una struttura sanitaria continuare a lavorare come se fosse seduto alla scrivania del proprio ufficio? Per Ester Conti, paraplegica da 13 anni a seguito di un incidente e dipendente del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, la risposta è “sì”.
Con il progetto “Telepresence Robot” infatti, Ester continua la propria riabilitazione presso la casa di cura San Raffaele di Sulmona e al contempo riesce ad essere “presente” grazie ad uno speciale robot presso i propri uffici di Roma. Un percorso riabilitativo unico nel suo genere presentato oggi in conferenza stampa alla Farnesina. Strumenti come Telepresence sono già in commercio, ma per scopi totalmente diversi; ad esempio per consentire a degli esperti di effettuare ispezioni tecniche in fabbriche lontane. Per renderli utili a pazienti con gravi lesioni spinali, era necessario uno studio specifico. Sperimentazione iniziata appunto dal San Raffaele di Sulmona (AQ).
IL PROGETTO
Tutto è iniziato nel gennaio 2014 quando l’Istituto di cura ha voluto includere Ester nel progetto: un lavoro di squadra, che coinvolge diversi Istituti e professionalità. Anzitutto l’Università dell’Aquila, (Dipartimento di Ingegneria Industriale e dell’Informazione), a seguito del Dottorato di Ricerca in Ingegneria Meccanica, Energetica e Gestionale svolto dall’ingegnere giapponese Jun Yamaguchi; il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) e lo Shibaura Institute of Technology (Tokio-Giappone). Scopo del progetto è studiare l’utilizzo, limiti e punti di forza del dispositivo tecnologico già in uso per scopi commerciali in vari Paesi, in comparazione con i benefici e le opportunità di miglioramento della qualità della vita di soggetti paraplegici e tetraplegici. I risultati consentiranno non solo di produrre dati in merito allo studio clinico, con risvolti sulla vita psicosociale di coloro che saranno i reali fruitori dell’ausilio, ma anche di adattare e migliorare a livello tecnico-ingegneristico il dispositivo tecnologico studiato. Durante il periodo di sperimentazione l’interazione fra i pazienti e Telepresence è seguita da un gruppo composto da ingegneri, medici, psicologi, assistenti sociali, e terapisti occupazionali che valutano successi e fallimenti nell’utilizzo continuo in ambienti diversi, che oltre ai luoghi di lavoro includono ad esempio le abitazioni. Sono presi in considerazione sia gli aspetti psicologici che quelli fisici; ad esempio la postura tenuta durante l’utilizzo del robot. E ovviamente si controllano le caratteristiche tecniche che riguardano la funzionalità del robot stesso, come la qualità del suono ricevuto e trasmesso.
COS’È TELEPRESENCE
Telepresence consiste sostanzialmente in una staffa dotata di ruote e sulla quale è montato un IPad. Quando è in funzione, sullo schermo compare il volto di chi lo utilizza. Attraverso la normale rete wireless è possibile far muovere il robot attraverso le stanze e regolare l’altezza dello schermo, mentre la telecamera trasmette le immagini delle cose e persone che si trovano intorno.
Il microfono e il sistema audio consentono di conversare con chiunque si incontri. L’utilizzatore del Robot è totalmente autonomo. Controlla i movimenti di Telepresence, l’accensione e lo spegnimento senza dover chiedere ad altri di spostarsi o di muovere lo schermo come avverrebbe invece se si usasse una normale video-chat.
L’ASPETTO CLINICO
«Lo scopo della nostra ricerca – ha spiegato il Dottor Giorgio Felzani (Direttore Sanitario e Resp. dell’Unità Spinale del San Raffaele Sulmona) – è capire i vantaggi che l’utilizzo di un robot-avatar porta a chi è nelle particolarissime condizioni in cui si trovano i nostri pazienti, e anche quali modifiche fare al dispositivo in modo da rendere massima la sua utilità, minimizzando contemporaneamente i costi. Nonostante i vantaggi del robot-avatar sembrino evidenti, la sperimentazione è assolutamente necessaria. Quando si valuta l’utilità di un nuovo strumento infatti, il buon senso e l’intuizione non bastano, perché esistono innumerevoli motivi che potrebbero portare i pazienti a non accettarne l’uso. Alcune ragioni possono essere psicologiche, altre pratiche e avere ad esempio a che fare con la facilità con la quale si può imparare a utilizzare lo strumento ».
«UNA SECONDA VITA»
«Dopo l’incidente – ha raccontato Ester Conti – la mia vita è cambiata radicalmente. Sono arrivata a quella che chiamo “la mia seconda vita” grazie all’amore della mia famiglia, dei miei amici. E anche grazie ai miei colleghi e a un lavoro che mi piace. Ma i periodi di lontananza sono in problema. Telepresence mi da’ una opportunità in più, perché mi permette di essere davvero presente sul posto di lavoro, e non solo per il tempo di una teleconferenza. Posso muovermi per l’ufficio e anche socializzare».
«Attraverso il Piano d’azione sulla disabilità adottato nel 2013 – ha commentato il Direttore Generale della Cooperazione italiana allo sviluppo, Giampaolo Cantini – il MAECI favorisce l’inclusione della tematica dei diritti delle persone con disabilità nell’ambito delle sue politiche e delle sue attività, in linea con la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e sulla base di una consolidata tradizione della Cooperazione Italiana in Tunisia, Kossovo, Albania, Palestina e Sudan. L’esperimento di Telepresence coglie inoltre lo spirito della nuova Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile che oltre a riaffermare l’impegno a favore della disabilità da anche nuovo impulso sul terreno dell’innovazione e delle tecnologie per lo sviluppo sostenibile. Il caso di Ester, in questo senso, è esemplificativo e ci ricorda come la tecnologia sia un elemento chiave per la nostra azione in questo campo, assieme alla promozione di partenariati fra le istituzioni, la società civile e il mondo accademico. La speranza è che un numero sempre maggiore di persone che ne hanno necessità possa avere accesso a uno strumento come Telepresence, in grado di migliorarne il lavoro e, soprattutto, la qualità della vita».
I PROSSIMI PASSI
Il progetto si avvia verso il completamento dello studio sperimentale presso il MAECI, come ha spiegato il Prof. Pierluigi Beomonte Zobel, del Dipartimento di Ingegneria dell’Aquila e Responsabile del team di ricerca: «Nei prossimi mesi, miglioreremo il segnale di rete nel ministero, aumentando la qualità del WIFI ed eliminando le zone d’ombra. Sulla tabella di marcia è inoltre prevista la selezione di altri volontari per allargare la casistica». Un progetto in cui vengono riposte enormi aspettative quindi poiché «consente di rimanere in contatto e mantenere rapporti interpersonali a distanza, consentendo così a persone con disabilità di aumentare la propria partecipazione sociale e di portare a compimento lavori e azioni che risulterebbero difficili a causa della propria condizione di salute».
Superata la fase di sperimentazione, il robot-avatar potrà essere proposto a tutti coloro che possono trarne beneficio. Ed è difficile immaginare tutte le situazioni nelle quali potrà essere utile. Come per andare a vedere una mostra ad esempio; per chiacchierare prendendo il tè con gli amici; o per godersi lo scorcio del tramonto dalla finestra di casa preferita.