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Un test dell’olfatto per individuare chi potrebbe sviluppare il Parkinson

9 Marzo 2006
Un test dell’olfatto per individuare chi potrebbe sviluppare
il Parkinson. “Molti pazienti parkinsoniani perdono la capacità di percepire gli odori 3-4 anni prima della comparsa dei sintomi”. A dirlo è il neurologo del nuovo centro per il Parkinson, presso l’IRCCS San Raffaele Pisana di Roma, Fabrizio Stocchi, che ha annunciato l’avvio di uno studio a livello mondiale, cui parteciperà anche l’Italia (attraverso l’IRCCS San Raffaele) per verificare l’attendibilità del test sull’olfatto come test preliminare nella diagnosi precoce della malattia neurodegenerativa.
“In genere non ci si accorge di non riuscire a percepire più gli odori, sia quelli gradevoli che quelli sgradevoli – spiega il neurologo, intervenuto all’ VIII convegno annuale sulla malattia di Parkinson, organizzato dall’Associazione Italiana Parkinsoniani – uno studio pilota, che ha testato l’olfatto ai familiari dei pazienti, ha messo in evidenza un 20-25% di familiari che non distinguevano gli odori. Per la gran parte, il 18% del totale dei familiari, un esame più accurato ha confermato la diagnosi. Queste persone hanno sviluppato la malattia a 2-3 anni di distanza”.
A puntare sulla diagnosi precoce sono oggi diversi studi e molte sono le novità farmacologiche che saranno presto in commercio per tentare di rallentare il decorso di questa malattia, che colpisce in Italia 400 mila persone, con un’incidenza sulla popolazione generale del 3%, e solo nel 70% dei casi dà tremori.
Un nuovo passo avanti nella strategia terapeutica è l’utilizzo precoce dei farmaci dopamino-agonisti, per proteggere dall’insorgenza dei movimenti involontari, ritardando così gli effetti collaterali dovuti all’assunzione a lungo termine di levodopa, farmaco cardine per questa patologia. I dopamino-agonisti rappresentano oggi i farmaci di primo approccio, ribaltando così il concetto tradizionale che li vedeva come medicinali di seconda scelta, dopo un ciclo con levodopa. Ma a breve entreranno in commercio anche formulazioni in cerotti a rilascio transcutaneo, mentre per le fasi più avanzate, sta diventando diffusa una tecnica chirurgica, in gastroscopia, per dosare in modo costante la dopamina.
Dal 2007 entrerà in commercio anche il primo farmaco per migliorare il controllo dei movimenti involontari in modo mirato, in attesa di cure più radicali su cui si continua a credere, come la terapia genica o le cellule staminali. “Le staminali adulte sono del tutto inutilizzabili – ha detto Stocchi, rivolgendosi soprattutto ai pazienti – non credete a chi vi dice che le cellule fetali, ad esempio, possano servire alla cura. Solo le cellule embrionali potranno dare risultati, ma ci vorranno non meno di 5 anni per i primi risultati decenti in questo campo”.