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Una giornata di clown terapia al San Raffaele Velletri

10 Febbraio 2010


Parlando con la dott.ssa Maria Grazia Piscaglia, a proposito della terapia del sorriso, siamo venuti a conoscenza dell’esperienza di clown terapia vissuta recentemente dai pazienti del San Raffaele Velletri.
L’anima della giornata è stato il terapista della riabilitazione Alessio Pompei, in arte clown Bongo, che dal 2004 è anche clown volontario in diversi ospedali romani.
Pompei ha coinvolto un gruppo di colleghi, che, grazie alla sua esperienza, ha coordinato egregiamente in questa avventura: le logopediste Alessandra Ricci, in arte clown Mercoledì, e Licia Cianfanelli clown Cip Ciop, i terapisti occupazionali Andrea Facchini clown Crick e Ilaria Marinelli clown Yaia; i terapisti della riabilitazione Fabrizio clown Crock e Gabriella Mazzone clown Miao.


Intervista

Cosa ti ha spinto a diventare un clown?
Sono convinto che alla professionalità e al rispetto, indispensabili nel nostro lavoro a contatto con persone in difficoltà, a volte sia necessaria aggiungere la maschera di un clown buffo e gentile; questo può aiutare a indirizzare la mente-sofferente della persona in direzione di una mente-sorridente, che rappresenti il sorriso dell’anima.

Cosa intendi per mente-sorridente?
Secondo il mio punto di vista, rappresenta l’inizio di un’esperienza di vita che il paziente dovrà affrontare durante la permanenza in ospedale e che sarà, come include il termine stesso “esperienza”, un modo per modificare il proprio cervello nella direzione più adattativa possibile con il mondo esterno.

Quel giorno avete improvvisato oppure c’è stata una preparazione?
Prima di arrivare al fatidico giorno clown ci siamo incontrati varie volte per provare ed entrare tutti insieme nel mondo della fantasia clown.
Ognuno di noi si è dato un nome d’arte, ha immaginato e poi sperimentato una voce diversa da quella di tutti i giorni, un modo di camminare diverso, un modo di porsi buffo e gentile con le persone.
Poi abbiamo deciso di cantare una canzone per concludere la giornata del “naso rosso” in modo empatico con i nostri pazienti: abbiamo scelto Domani (ndr Artisti uniti per l’Abruzzo), che alla fine recita “di nuovo la vita sembra fatta per te”.

E poi come è andata?
Truccati, colorati e pieni di giochi di magia, completamente immersi in una realtà diversa, ci siamo diretti dai nostri pazienti che non aspettavano altro che l’arrivo dei clown! clocK.clockk.clockk bussiamo immaginariamente alla porta che era già aperta e chiediamo il permesso di entrare.
Una volta dentro, ci presentiamo alla nostra prima paziente, Alina, che purtroppo non è in grado di muovere gli arti inferiori e muove a fatica quelli superiori. Alina è una tipa simpatica, le doniamo una magia utilizzando un fazzoletto rosso, che, con una parola magica, scompare nelle mani di Bongo.
Quando usciamo dalla stanza, Alina è ancora in preda allo stupore e la sentiamo ridere a squarciagola alle nostre spalle.
Ripensando a quel giorno ci vengono ancora in mente gli occhi aperti, pieni di luce intensa, felici ed attenti di Francesco, un paziente che non riusciva a parlare, ma che si vedeva che era felice di incontrarci e lo dimostrava mandando baci a tutti.
Il sorriso di Antonio, soprannominato da noi “l’uomo che non ride mai” e che quel giorno grazie alle nostre gag, a CIP CIOP che faceva finta di rispondere in continuazione ad un telefono a forma di gatto e a CRIK e CROCK che si sono improvvisati grandi maghi ci ha fatto vedere i suoi denti bianchi.
Il viso incredulo di Tony, un paziente giovane che lentamente sta recuperando alcune funzioni neuro-cognitive importanti mentre guarda Yaia realizzare i suoi capolavori con i palloncini colorati.
Le carezze delle persone più anziane.
Le risate nella camera che i pazienti stessi avevano soprannominato “osteria dei quattro scemi” in quanto a volte la sera la moglie del Professore (lo chiamavo Professore in quanto aveva la barba bianca e somigliava tanto ad un mio professore universitario) portava delle gustosissime pietanze che emanavano un odorino niente male!
I medici e gli infermieri che ci seguivano passo passo nelle camere, complici nelle nostre azioni.
Finito il giro delle stanze è stata la volta del Day Hospital, dove i pazienti erano in trepidante attesa.
Alla fine della giornata eravamo stanchi, ma pieni di gioia.