News > «Una nuova strategia terapeutica nel trattamento dell’ipertensione essenziale»
L’ipertensione essenziale costituisce il fattore di rischio più importante per lo sviluppo di ictus e infarto del miocardio. «Per curare questa condizione, l’utilizzo di antagonisti del recettore mineralcorticoide (MRA) dovrebbe costituire la prima scelta terapeutica, a prescindere dalla diagnosi delle cause alla base della patologia».
È questo l’approccio rivoluzionario proposto dal Professor John W. Funder, uno dei massimi esperti al mondo del recettore mineralcorticoide (recettore dell’aldosterone, ormone prodotto dalla corticale del surrene), che ha chiarito la sua importanza nello sviluppo dell’ipertensione arteriosa e nello scompenso cardiaco. Lo studioso australiano è stato relatore d’eccezione in un seminario scientifico che avuto luogo presso la Sala Convegni “Silvana Paolini Angelucci” del San Raffaele in via di Val Cannuta.
Grazie al team di ricercatori guidato dal Prof. Massimiliano Caprio, Responsabile del Laboratorio di Endocrinologia Vascolare e Professore Associato di Endocrinologia presso l‘Università Telematica San Raffaele Roma, l’IRCCS San Raffaele è da anni tra i centri di eccellenza nello studio del recettore mineralcorticoide e del suo ruolo nell’obesità e nella sindrome metabolica. Massimiliano Caprio collabora da lungo tempo con il gruppo di ricerca del Prof. Funder. L’aldosterone è il ligando specifico del recettore mineralcorticoide.
Una sua eccessiva attivazione, che si osserva ad esempio nell’iperaldosteronismo primitivo, costituisce la causa di circa il 10% di tutti i casi di ipertensione essenziale. Purtroppo la corretta diagnosi dell’iperaldosteronismo è difficile e costosa, e si stima che oltre il 90% dei casi di iperaldosteronismo non venga neanche diagnosticato. L’approccio terapeutico illustrato durante l’incontro avuto con i ricercatori dell’IRCCS San Raffaele, cui ha partecipato anche il Prof. Enrico Garaci, Rettore dell’Università Telematica San Raffaele Roma e Presidente del Comitato Tecnico Scientifico dell’Istituto di ricerca, parte da un’idea semplice ma dal grande potenziale in quanto compatibile con le esigenze di contenimento dei costi dei Sistemi Sanitari Nazionali del mondo.
Lo studioso sostiene difatti che l’antagonista del RM dovrebbe costituire la prima scelta nella terapia dell’ipertensione, a prescindere dalla diagnosi delle cause alla base della patologia. «Nessun sistema sanitario avrà i fondi sufficienti per diagnosticare tutti gli iperaldosteronismi cosiddetti “occulti” – ha illustrato il Prof. Funder – mentre tutti i paesi sarebbero in grado di inserire un antagonista del RM nella terapia dell’ipertensione. Come ad esempio il canrenoato di potassio (un metabolita attivo dello spironolattone), un MRA di basso costo, ben tollerato, ed efficace come antiipertensivo».
Per usare una metafora calcistica, con questo tipo di approccio terapeutico è come se si prendesse in contropiede l’ipertensione essenziale; come ha spiegato il prof. Funder: «non serve necessariamente vedere quanto aldosterone venga prodotto dal soggetto, poiché la terapia con MRA blocca direttamente il recettore MR inibendone l’attivazione, a prescindere dai livelli di aldosterone circolante e delle cause della sua eccesiva attivazione. Nella maggior parte dei casi questa terapia è efficace sull’abbassamento dei regimi pressori, senza determinare effetti collaterali pericolosi, riducendo in modo rilevante le possibili complicanze cardiovascolari».