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Uno strumento per l’identificazione precoce della demenza

19 Maggio 2008
Il professor Giaquinto: “Uno strumento per l’identificazione precoce della demenza”
Ideata per il setting della medicina generale, la scala di valutazione BICQ (Basic Italian Cognitive Questionnaire) è uno strumento semplice, con alta sensibilità e specificità, per individuare i pazienti con iniziale deficit cognitivo e per decidere se siano necessarie ulteriori indagini specialistiche.
Ne parliamo con il professor Salvatore Giaquinto, titolare della ricerca sul questionario e responsabile della U.O. di Riabilitazione Neuromotoria dell’IRCCS San Raffaele.
Professore, come è nato il BICQ?
La malattia di Alzheimer è la devastazione della mente umana, la compromissione della personalità, l’alterazione dei rapporti interpersonali, l’impossibilità a svolgere anche le azioni più semplici. Non si diventa di colpo affetti da questa malattia, che si sviluppa gradualmente in un arco di 12 anni circa: quando i pazienti sono condotti dallo specialista, la malattia è conclamata. L’inizio è subdolo, insidioso e il primo a vedere il malato è il medico di famiglia, che in genere non ha ricevuto un training neurologico e neuropsicologico specifico. D’altra parte una diagnosi così impegnativa non può essere stilata nell’ambulatorio del medico di medicina generale, che non è certamente attrezzato per esami neuroradiologici, elettrofisiologici e di laboratorio. Egli deve così decidere se il caso clinico è meritevole di accertamenti o se si tratta di un falso allarme. È nata così l’idea di fornire al medico di famiglia una scala di valutazione molto semplice, che non richiede addestramento e che mostra alta sensibilità e specificità, che in pratica è un’intervista strutturata.
Ci si può chiedere a che serva la diagnosi precoce, dal momento che la malattia è inesorabile.
I motivi sono diversi: 1) informare e preparare la famiglia; 2) illustrare le possibilità future di assistenza socio-sanitaria; 3) fornirsi in tempo di un certificato ufficiale di invalidità; 4) scoraggiare il paziente e la famiglia dall’investire capitali in attività di successo non sicuro; 5) iniziare al più presto una terapia farmacologica, che possa far guadagnare al paziente un paio d’anni di qualità della vita (in fase avanzata i farmaci “cognitivi” funzionano poco).
Qual è stato il percorso di validazione del questionario?
Il BICQ fu elaborato da me e dalla professoressa Lucilla Parnetti della Clinica Neurologica Universitaria di Perugia: compilato un elenco di domande, iniziammo la validazione con la collaborazione di medici di medicina generale volontari. I loro pazienti furono numerati e da una tavola di randomizzazione furono estratti a caso dei nomi. Le persone, contattate telefonicamente, fornirono il loro consenso e furono intervistate direttamente dal loro medico. Dei 963 soggetti selezionati a caso dalla popolazione generale di età superiore ai 50 anni, 130 (il 13.5%) avevano un punteggio uguale o inferiore a 10 al BICQ. A questo punto una valutazione diagnostica completa fu eseguita in 103 di loro: 41 soggetti (il 40%) risultavano cognitivamente normali, mentre 34 (il 33%) non avevano chiara demenza, ma non erano neppure normali; 28 soggetti (il 27%) erano diagnosticati come persone con demenza.
Parliamo del questionario. Le prime due domande (quanti anni ha e qual è la sua data di nascita) sembrano ripetere lo stesso concetto. La domande n. 1 e 2 non sono la stessa cosa. Gli anziani con deterioramento cognitivo possono ricordare la data di nascita, ma possono non tradurla nel numero di anni effettivi. La domanda numero 3, il luogo di nascita, può essere dimenticato, se nella vita del paziente ci fu un trasferimento molti anni prima. L’indirizzo di casa è la necessaria informazione per ogni cittadino: le persone che non sanno indicare l’indirizzo sono certamente a rischio di demenza, ma bisogna considerare che molti anziani per ragioni logistiche lasciano il centro storico per trasferirsi in anonime periferie, con molte strade intitolate a perfetti sconosciuti e quindi con nomi difficili da ricordare. Anche il numero telefonico è sconosciuto a molti anziani sani, perché non hanno l’abitudine di chiamare casa propria. Perché due domande sul tempo e sulla presenza di altre persone?
Le domande n. 6 e n. 7 (Qual è la data di oggi e il giorno della settimana?; Chi c’è qui con lei?) tentano di definire la percezione della relatà che il paziente ha. La realtà può essere definita come “Io-Qui-Adesso” e viene automaticamente controllata. La n. 6 si riferisce alla data (anno, mese e giorno). Il giorno della settimana è spesso sconosciuto ad anziani normali che non leggono giornali e che non hanno ritmi lavorativi. La n. 7 saggia l’abilità a fronteggiare una situazione ambigua. Infatti, se la persona è sola, la risposta sarà “nessuno” oppure “dottore, c’è lei”. Invece, se la persona è accompagnata, ci si aspetta che sappia dire i nomi e il tipo di parentela.
Le domande n. 8 e n. 9 riguardano la famiglia. Può commentarle?
La n. 8 (Come si chiamano o si chiamavano i suoi genitori?) esplora la memoria a lungo-termine: gli anziani quasi certamente non hanno da anni genitori viventi. Il cognome da signorina della mamma è più facilmente dimenticato. La n. 9 (Come si chiamano i suoi nipoti?) è molto critica. Il deterioramento mentale iniziale porta facilmente a non ricordare i nomi dei nipoti. Nelle famiglie italiane ce ne possono essere anche molti. Inoltre, nella difficoltà a rievocare i nomi dei nipoti ci può essere un effetto generazionale, perché i nomi possono seguire mode, a seconda del divo del momento, personaggio politico o sportivo, attore/attrice.
E se il paziente è solo, come fa il medico a controllare se i nomi riportati sono esatti?
Bene, la domanda sarà ripetuta a distanza di tempo: se i nomi sono stati inventati (la cosiddetta confabulazione), non ci sarà corrispondenza.
Le ultime domande, sul costo di un chilo di pane, sulle marche della pasta e su un elementare calcolo, riguardano un fatto della vita quotidiana, come la spesa. Perché?
Non tutti gli anziani vanno a fare la spesa. Ma è importante valutare le abilità nell’effettuare acquisti, anche virtuali, se si sospetta il deterioramento mentale. Le capacità di calcolo e di maneggiare il danaro sono compromesse. La n. 10 (Può dirmi quanto costa un chilo di pane?) non è facile nemmeno per le persone normali, sebbene il pane sia presente su ogni tavola. Sono ammesse risposte differenti, sulla base del tipo di pane, ma l’intervallo dei costi è chiaramente definito. La n. 11 (Mi dice due marche di pasta?) esplora la cosiddetta memoria incidentale, ossia la memoria senza sforzo. Tipica è quella della pubblicità. La pasta è il nostro piatto nazionale e molti sono gli spot commerciali, che reclamizzano in maniera efficace una certa marca. Più efficace e frequente è lo spot, più impresso resta il nome. Interessante conclusione della nostra inchiesta è che le marche più frequenti erano solo due, seguita a distanza da una terza. La n. 12 (Deve pagare 6,5 € e consegna una banconota da 10 €. Quanto si aspetta di resto?), infine, richiede il calcolo.
Perché il BICQ può essere un valido aiuto per il medico di famiglia? L’analisi statistica ROC ha mostrato, come si è detto, che il cut-off 10 presenta alta sensibilità e alta specificità. Ossia, con alta probabilità, non entrano falsi positivi (passano per dementi persone che non lo sono), né si presentano falsi negativi (sfuggono persone malate). Per questi motivi, si pensa che lo strumento possa avere favorevole accoglienza nell’ambito della medicina generale.